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Lutto sull’appennino reggiano per la morte di Renzo Braglia, ultimo partigiano ‘Basin’ di Castelnovo Monti

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Renzo Braglia, conosciuto con il nome di battaglia ‘Basin‘, si è spento all’età di 98 anni nella sua Castelnovo Monti, cuore dell’Appennino reggiano. L’uomo era l’ultimo partigiano ancora in vita nella zona, simbolo di una generazione che ha combattuto contro il fascismo durante la Seconda guerra mondiale. La sua morte segna la fine di un’era per quella comunità che ha visto da vicino gli eventi della Resistenza. I funerali si sono svolti oggi nel suo paese natale e la figura di Braglia è stata omaggiata anche da personalità politiche, tra cui Elly Schlein, segretaria del Pd.

Renzo braglia e l’inizio dell’impegno partigiano

Renzo Braglia nacque nel 1927, nella frazione di Tegge, comune di Felina. Quella gioventù fu segnata dal dramma della guerra e della caduta del fascismo. Dopo l’8 settembre 1943, quando il regime di Mussolini venne rovesciato, Braglia rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, scelta che segnò molti giovani del Nord Italia. A soli 19 anni decise di rifugiarsi nell’Appennino reggiano e di unirsi alle formazioni partigiane, adottando il nome ‘Basin‘. Una scelta che gli valse riconoscimenti e medaglie per la sua partecipazione attiva alla Resistenza.

La partecipazione alle azioni partigiane

Braglia partecipò a diverse azioni contro le forze fasciste e naziste, restando sempre vicino agli ideali di libertà e giustizia. La sua storia di giovane partigiano racconta episodi di coraggio e solidarietà, ma anche momenti di estrema difficoltà, come quando fu catturato con un gruppo di amici da un’autocolonna fascista. Portato prigioniero a Reggio Emilia, riuscì a fuggire e ritrovare il comando partigiano. Da quel momento divenne staffetta e testimone degli avvenimenti che hanno segnato quella guerra di liberazione.

La vita dopo la guerra e l’impegno nel sociale

Terminato il conflitto, Renzo Braglia tornò alla vita civile con lo spirito di chi ha appena vissuto un’esperienza che non si poteva dimenticare. Rimase nella sua terra, lavorò come agricoltore e fu uno dei protagonisti della nascita della cooperativa del Parco Tegge di Felina. Qui, anche in età avanzata, partecipava alle feste popolari con la moglie e gli amici, confermando il legame profondo con la sua comunità.

Negli anni Braglia mantenne saldi i valori di giustizia sociale e solidarietà. Non amava solo raccontare il suo passato di partigiano, ma guardava con attenzione alle questioni di attualità. In un’intervista realizzata qualche anno fa, commentò la guerra in Ucraina, ricordando la sua esperienza: “Se fossi stato giovane oggi, sarei lì a lottare con loro”, disse. Un richiamo forte, che mette in evidenza la continuità tra il passato della Resistenza e i conflitti del presente.

Radici e lavoro rurale

Braglia era il primogenito di sei figli in una famiglia di mezzadri. Nel paese di Tegge si coltivava la canapa, una delle coltivazioni tipiche dell’epoca, nata per produrre tessuti e fibre. La sua esperienza rurale ha unito testimonianze di vita quotidiana, valori di comunità e una forte fede nel lavoro come viva forza di ricostruzione dopo la guerra.

Ricordi e testimonianze di un passato da non dimenticare

L’ultimo partigiano del reggiano non ha cessato fino alla fine di condividere ricordi degli anni difficili della Resistenza. In diverse occasioni raccontò episodi poco noti, fatti che si tramandano solo attraverso i testimoni diretti. Descrisse un momento in cui, con altri venticinque giovani, erano pronti a imbracciare le armi e unirsi alla lotta partigiana. Quella sera, mentre si preparavano per una festa a Felina, furono fermati da fascisti che li condussero in prigione a Reggio Emilia.

La fuga e il ritorno al comando

La fuga e il ritorno al comando partigiano furono una svolta. Durante la permanenza in montagna, fu assistito da don Domenico Orlandini, un altro partigiano, e dalla madre di quest’ultimo, che gli portò conforto dopo giorni di privazioni. Raccontava di aver mangiato solo mirtilli per diverse giornate, ma quella umanità gli diede la forza per continuare.

La sua figura di staffetta rimane un tassello importante nella storia locale delle formazioni partigiane. La memoria orale di Braglia permette di mantenere vivo un patrimonio che rischierebbe di spegnersi insieme ai suoi testimoni. Il suo racconto rivela la durezza ma anche la solidarietà che hanno caratterizzato la Resistenza sulle montagne italiane.

Il ricordo di Renzo Braglia, ‘Basin‘, resta ancorato al territorio e a chi ha condiviso con lui quella stagione di lotta e di speranza. Oggi, il paese di Castelnovo Monti e l’Appennino reggiano salutano un protagonista di un passato che continua a parlare alle nuove generazioni.

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