Giancarlo Di Vella, ex direttore della scuola di specialità di medicina legale dell’Università di Torino, ha riacquistato la sua posizione accademica, suscitando indignazione e preoccupazione tra studenti e docenti. La vicenda che ha portato alla sua condanna a un anno e undici mesi per violenza sessuale e molestie nei confronti di dodici ex allieve ha avuto inizio con un’inchiesta avviata nel febbraio 2024. Durante il processo, le testimonianze delle vittime hanno messo in luce una serie di comportamenti inaccettabili, trasformando la figura del professore in un simbolo controverso all’interno della comunità accademica.
la difesa di di vella e le sue conseguenze
Di Vella, prima di giungere a un accordo per la sua condanna, aveva tentato di difendersi sostenendo che il suo comportamento fosse frutto di un affetto mal interpretato e che tali dinamiche relazionali fossero comuni nel Sud Italia. Questo tentativo di giustificarsi, però, non ha fatto altro che alimentare il dibattito sull’appropriatezza dei comportamenti professionali e sul rispetto dei limiti tra docente e studente. La sua condanna ha comportato anche delle misure interdittive, tra cui:
- Divieto di esercitare ruoli direttivi presso persone giuridiche e imprese.
- Sospensione di un anno dall’esercizio di pubblici uffici.
la decisione dell’università lum di bari
In un contesto già delicato, la decisione dell’Università Lum di Bari di accettare Di Vella come professore associato di medicina legale ha sollevato un’ondata di critiche. La Lum, una università privata che si propone di formare una nuova classe dirigente per il Mezzogiorno, ha visto in Di Vella un candidato vincente per il posto offerto. È interessante notare che, pur avendo ottenuto il primo posto, Di Vella era anche l’unico partecipante al bando, suscitando interrogativi sulla trasparenza e sull’etica della selezione accademica.
A settembre, Di Vella tornerà quindi a insegnare, un ritorno che rappresenta un momento critico per l’istituzione e per gli studenti che si troveranno a confrontarsi con un docente le cui azioni hanno avuto conseguenze legali e morali significative. La presenza di Di Vella all’interno della Lum potrebbe influenzare la percezione della sicurezza e del rispetto in aula, creando un ambiente di apprendimento potenzialmente tossico per gli studenti.
le reazioni e le implicazioni future
Le dichiarazioni del professor Di Vella durante il processo hanno rivelato una visione distorta della sua condotta. Si era detto «profondamente dispiaciuto» di aver offeso le sue allieve, definendo i suoi comportamenti come parte di un tentativo di costruire un gruppo di lavoro affiatato. Il suo legale ha affermato che Di Vella ha preso coscienza della necessità di evitare determinati atteggiamenti, ma la realtà è che la sua condanna indica chiaramente che tali comportamenti non possono essere giustificati in alcun modo, indipendentemente dalle intenzioni.
La Cassazione, in un successivo pronunciamento, ha respinto la richiesta di Di Vella di riqualificare il reato, confermando la gravità delle sue azioni e il danno subito dalle vittime. Le somme risarcitorie versate, che oscillano tra i 15 e i 20 mila euro per ciascuna parte offesa, non possono, tuttavia, cancellare il trauma subito dalle vittime, né tantomeno l’impatto che questa situazione avrà sul clima accademico.
Il ritorno di Di Vella a Bari pone domande cruciali riguardo alla gestione delle istituzioni accademiche e alla loro responsabilità nel garantire un ambiente di apprendimento sicuro e rispettoso. La comunità universitaria si trova ora a dover affrontare il dilemma di come trattare un docente con un passato così controverso e come supportare le vittime di molestie nel loro percorso di guarigione e riconoscimento.
Le discussioni tra studenti, docenti e amministratori universitari sono già iniziate, con molti che chiedono una revisione delle politiche di assunzione e delle procedure disciplinari. È fondamentale che le istituzioni accademiche non solo condannino comportamenti inaccettabili, ma che anche adottino misure proattive per prevenire simili situazioni in futuro. L’educazione e la sensibilizzazione su temi di rispetto e consenso devono diventare parte integrante della formazione accademica, per garantire che episodi come quelli vissuti dalle ex allieve di Di Vella non si ripetano mai più.
Il caso di Giancarlo Di Vella rappresenta non solo una questione di giustizia personale, ma tocca anche temi più ampi riguardanti il potere, il rispetto e l’integrità all’interno delle strutture educative. La società e l’accademia sono chiamate a riflettere profondamente su come affrontare il problema delle molestie e delle violenze di genere, assicurando che ogni individuo venga rispettato e tutelato nel proprio percorso formativo. La presenza di una figura controversa come Di Vella in un contesto accademico richiede una vigilanza costante e un impegno collettivo per proteggere e valorizzare la dignità di ogni studente.