Federica Anghinolfi è una figura controversa che ha attirato l’attenzione pubblica e mediatica per il suo ruolo nell’inchiesta Angeli e Demoni. Questa indagine, avviata nel 2019, ha portato alla luce un presunto sistema di abusi e manipolazioni, nel quale i minori venivano sottratti illegittimamente alle famiglie. Anghinolfi, ex responsabile dei Servizi sociali della Val d’Enza, è stata al centro di queste accuse, identificata come una delle principali artefici del cosiddetto “sistema Bibbiano”.
Dopo un lungo processo, è stata condannata a due anni di reclusione per falso in bilancio, ma è stata assolta da ben 60 capi di imputazione, tra cui accuse di falso ideologico e lesioni personali ai minori. Questo esito le ha portato un certo sollievo, come ha dichiarato in un’intervista, esprimendo la sua felicità per l’assoluzione e la decisione di non esporsi ulteriormente ai riflettori.
La collaborazione con le forze dell’ordine
Durante l’intervista, Anghinolfi ha descritto la sua collaborazione con le forze dell’ordine come quotidiana e fruttuosa. Nel 2017, i carabinieri iniziarono a sequestrare le cartelle dei minori, un’operazione condotta sotto la supervisione del sostituto procuratore. Anghinolfi ha dichiarato di non sapere perché sia iniziata l’indagine, ma ha sottolineato che la cooperazione tra i servizi sociali e le forze dell’ordine era molto solida.
L’esperienza della perquisizione
Anghinolfi ha raccontato l’esperienza traumatica della perquisizione nella sua abitazione. Le è stato chiesto di nominare un avvocato, ma quello che aveva scelto era coinvolto nell’indagine. Durante la perquisizione, sono stati sequestrati dispositivi e cellulari, e successivamente è stata condotta al comando provinciale, dove le sono state prese le impronte digitali e un campione di DNA. Nonostante la difficoltà di quel periodo, ha cercato di affrontare la situazione in modo positivo: “Su consiglio del mio psicoterapeuta, trasformai gli arresti domiciliari in un’esperienza monastica”, ha affermato, seguendo una routine di meditazione e lettura.
La ricerca della verità e della compassione
L’isolamento ha portato Anghinolfi a riflettere profondamente sulla sua vita e sul suo lavoro. Ha cercato di diventare invisibile e ha dovuto vendere la casa, ma nonostante le difficoltà, ha continuato a credere nella bontà del suo operato e nella compassione verso chi soffre. Ha intrapreso un percorso di formazione personale, diventando counselor, coach, insegnante di mindfulness e arteterapeuta. “Ho sempre visto e sperimentato nell’accoglienza quei contenuti dell’andare verso l’altro, che rende tutti più uniti, solidali e umani”, ha dichiarato.
Anghinolfi critica anche l’operato della politica durante le indagini, affermando che non ha agito per il bene della comunità. La sua storia è una testimonianza complessa che invita a riflettere sui diritti dei minori e sulle responsabilità degli operatori sociali. Continua a battersi per la verità e la giustizia, convinta che la sua esperienza possa contribuire a una maggiore consapevolezza e a un miglioramento del sistema.