I fondi multilaterali per il clima hanno destinato quasi 8 miliardi di dollari in quasi un decennio per sostenere progetti di energia pulita nei paesi emergenti e in via di sviluppo, con una forte concentrazione in Africa e Asia. L’analisi precisa dell’Agenzia internazionale dell’energia delinea anche le condizioni di accesso al credito e i diversi strumenti usati da questi fondi, evidenziando le sfide legate a mercati finanziari fragili e la necessità di aumentare i finanziamenti a basso costo.
Il ruolo e la composizione degli strumenti finanziari dei fondi multilaterali per il clima
I fondi multilaterali per il clima usano forme miste di finanziamento, bilanciando tra sovvenzioni dirette, prestiti e capitale di rischio. Tra il 2015 e il 2024, circa il 18% delle risorse sono state distribuite sotto forma di sovvenzioni, mentre il 6% ha riguardato capitale di rischio, indispensabile per progetti innovativi con alti rischi finanziari. La quota principale, però, rimane quella del debito con percentuali molto elevate, come quelle del Climate Investment Funds , che ha concesso l’85% dei fondi come prestiti. Anche il Green Climate Fund ha mantenuto una struttura simile, erogando il 76% dei fondi in debito, il 16% in equity e una parte minoritaria in sovvenzioni.
Differenziazioni tra fondi secondo mandato
Questa differenziazione rispecchia i mandati specifici di ogni fondo multilaterale. Per esempio, l’Adaptation Fund e il Global Environment Facility privilegiano progetti di piccola scala in aree vulnerabili, utilizzando quasi esclusivamente sovvenzioni. Mentre CIF e GCF puntano a mobilitare capitali privati su larga scala, mediante strumenti come prestiti a condizioni agevolate ed equity, per favorire investimenti più consistenti e meno rischiosi.
Distribuzione geografica e condizioni di finanziamento nelle regioni emergenti
Le risorse dedicate dai fondi multilaterali per il clima non sono omogeneamente distribuite tra regioni. Tra il 2015 e il 2024, l’Africa ha ricevuto un quarto dei finanziamenti per energie pulite, superando Asia sud-orientale e America latina . Nonostante la cifra rilevante, solo il 56% dei finanziamenti in Africa è stato erogato a condizioni favorevoli. In confronto il sud-est asiatico ha usufruito dell’84% a condizioni vantaggiose, mentre l’America latina si attesta al 72%.
Fattori che influenzano il divario
Il divario si spiega principalmente con il maggior rischio percepito dai mercati africani e con mercati finanziari poco sviluppati, che aumentano il costo del capitale e impediscono il sorgere di progetti bancabili. La situazione ha spinto l’Agenzia internazionale dell’energia a evidenziare l’esigenza di incrementare i finanziamenti agevolati, assieme a strumenti pensati localmente e ad una pipeline di progetti gestiti dai paesi stessi. Il programma Desert to Power G5 Sahel Facility rappresenta un esempio concreto: avviato con il supporto della Banca africana di sviluppo, ha messo a disposizione 200 milioni di dollari in prestiti e sovvenzioni per infrastrutture di rete e sistemi di stoccaggio, attirando poi altri 20 milioni dal settore privato.
Settori di investimento e aree ancora poco sostenute dai fondi multilaterali
Nonostante i fondi multilaterali per il clima abbiano concentrato la maggior parte degli investimenti sulla generazione di energia da fonti rinnovabili, come solare ed eolico, i flussi verso altri usi energetici sono cresciuti negli ultimi anni. In particolare, il trasporto ha beneficiato di diverse iniziative, tra cui programmi per sostenere infrastrutture per veicoli elettrici. Per esempio, il GCF ha promosso l’India E-Mobility Financing Program mentre il GEF ha cofinanziato progetti di mobilità sostenibile.
Limiti negli investimenti su reti e stoccaggio
Nel confronto però, gli investimenti in reti elettriche e sistemi di stoccaggio rimangono marginali, rappresentando solo il 3% del totale nel 2024. Questo segmento richiede maggiori risorse per assicurare la stabilità e la resilienza delle transizioni energetiche, poiché senza infrastrutture adeguate la diffusione delle rinnovabili incontra limiti tecnici e gestionali.
Mobilitazione di capitali privati e l’effetto leva dei fondi multilaterali
Uno degli scopi dichiarati dei fondi multilaterali è attirare investimenti privati per allargare la portata delle iniziative climatiche. Il progetto Climate Investor One, guidato dalla banca olandese FMO e finanziato con 100 milioni di dollari del Green Climate Fund, ha raccolto entro fine 2023 circa 930 milioni, tra fondi pubblici e privati. L’obiettivo stabilito è raggiungere i 2,5 miliardi di dollari e generare 1,7 GW di nuove capacità rinnovabili.
Effetto leva di alcuni fondi storici
Tra i fondi storici, il Clean Technology Fund ha stimato un effetto leva pari a 2,5, ovvero ogni dollaro pubblico mobilita altri 2,5 dal privato. Nonostante queste cifre, l’OCSE ha rilevato un’efficienza più contenuta nell’ultimo decennio: per ogni dollaro pubblico solo 0,3 dollari privati si sono attivati. Questo dato indica una distanza ancora significativa rispetto ai valori necessari per gli obiettivi climatici globali che si è impegnata la comunità internazionale.
Iniziative per migliorare accesso, coordinamento e impatto dei fondi multilaterali
Durante la COP28 i quattro maggiori fondi multilaterali per il clima – Green Climate Fund, Climate Investment Funds, Global Environment Facility e Adaptation Fund – hanno firmato una dichiarazione comune. L’impegno è volto a semplificare le procedure per la preparazione e l’approvazione dei progetti, armonizzare gli indicatori per misurare l’impatto e accelerare le tempistiche di erogazione.
Azioni in corso e nuovi strumenti finanziari
Altre azioni in corso riguardano il rafforzamento della finanza blended, il credito in valuta locale e lo sviluppo dei mercati finanziari nazionali. Alcune iniziative si concentrano sulla creazione di fondi di equity a rischio per le tecnologie emergenti e su programmi come i leasing per la mobilità elettrica. Questi strumenti puntano a stabilizzare l’ambiente finanziario e a migliorare le opportunità di investimento nei paesi in via di sviluppo, aumentando così efficienza e inclusività dell’azione climatica internazionale.