La Corte d’Appello di Napoli ha stabilito che un risarcimento già concesso a un investitore per inadempimento contrattuale legato ai tango bond non può essere rimesso in discussione dopo un diverso rimborso ottenuto dallo Stato argentino. La sentenza, emessa il 19 giugno 2025, ha rigettato l’istanza della banca collocatrice che chiedeva la restituzione dell’importo versato all’investitore napoletano. Il caso trae origine da un acquisto di obbligazioni argentine alla fine degli anni ’90 e si è sviluppato in una lunga battaglia legale iniziata nel 2009.
La nascita della controversia: l’acquisto dei tango bond tramite mps
La vicenda inizia nel 2000, quando un cliente di Napoli acquista due serie di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina, i cosiddetti tango bond, tramite la banca Monte dei Paschi di Siena . L’investimento totale ammontava a circa 125mila euro. Lo Stato sudamericano, però, finisce in default pochi anni dopo, determinando un crollo del valore dei bond e un lungo contenzioso legale.
Nel 2009 il cliente decide di citare in giudizio Mps, contestando la mancata informazione sui rischi legati all’investimento, in base alle norme contenute nel Testo unico della finanza e nel regolamento Consob. Il tribunale napoletano, con sentenza del 2014, accerta la responsabilità della banca e impone il pagamento di un risarcimento di quasi 100mila euro più interessi e spese legali. La banca non impugna la decisione, rendendola definitiva.
I rimborsi successivi dallo stato argentino e la reazione della banca
Nel 2016 l’investitore prende parte a un arbitrato internazionale promosso dalla Task Force Argentina , un organismo istituito per risolvere le richieste di risarcimento dei detentori di bond. In seguito all’arbitrato ottiene un rimborso pari a 187.497 euro, superando il valore nominale originario delle obbligazioni e creando un elemento nuovo nella controversia.
A fronte di questo secondo incasso, la banca Mps apre un nuovo procedimento giudiziario per ottenere la restituzione del risarcimento già versato nel 2015. L’istituto sostiene che la somma percepita sia un indebito oggettivo o un arricchimento senza causa, e che quindi debba essere recuperata. Il tribunale di primo grado accoglie la domanda e ordina all’investitore la restituzione integrale dell’importo.
La decisione della corte d’appello e la conferma del diritto dell’investitore
Il procedimento prosegue fino alla Corte d’Appello di Napoli, che nel giugno 2025 ribalta la decisione di primo grado e accoglie l’appello dell’investitore difeso dall’avvocato Giuseppe Ursini. La corte afferma che, “una volta che una sentenza diventa definitiva, il risarcimento calcolato per inadempimento contrattuale non può essere modificato in base a successivi rimborsi dallo Stato argentino.”
Lo stato del contenzioso è chiaro: il risarcimento da parte della banca deriva da responsabilità contrattuale e mancanza di informazioni, e quindi resta valido anche se l’investitore ha ottenuto un importo ulteriore da fonte diversa. Questo principio rafforza la stabilità delle sentenze e tutela l’investitore da richieste di restituzione che si basano su eventi successivi ma indipendenti dal rapporto contrattuale originario.
La Corte d’Appello respinge così la domanda della banca, considerandola infondata rispetto alla normativa vigente e alla giurisprudenza consolidata in materia di obbligazioni e responsabilità della banca collocatrice.