Francesca e Giulio, due allevatori appassionati, hanno intrapreso un affascinante viaggio verso il ritorno a pratiche di allevamento tradizionali e sostenibili, adottando il pascolo brado. Situati sui monti della Tolfa, a circa 50 km dal Grande Raccordo Anulare di Roma, questi moderni cowboy italiani gestiscono oltre 1.000 ettari di terreno in una delle aree più storiche d’Italia, un tempo abitata dai butteri, i leggendari mandriani della Maremma. In un contesto agricolo dove l’allevamento intensivo e la domanda di carne a basso costo dominano, la loro storia rappresenta un atto di resilienza e una sfida interessante controcorrente.
Questa avventura è stata documentata dal regista Michele Cinque nel suo film “Cose che accadono sulla terra”, che ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il prestigioso Festival dei Popoli e il premio della distribuzione della Regione Lazio. Dopo un tour di successo negli Stati Uniti, dove ha ottenuto il premio al 58° Houston International Film Festival nella categoria Feature Documentary e la selezione al Big Sky Documentary Festival in Montana, il film ha iniziato un tour nelle sale cinematografiche italiane, approdando attualmente al cinema Farnese di Roma, con proiezioni programmate fino a dicembre.
Il pascolo rigenerativo come soluzione sostenibile
Michele Cinque, già noto per il documentario “Iuventa”, ha voluto con questo nuovo lavoro esplorare il complesso rapporto tra l’uomo e la natura in un’epoca segnata dalla crisi climatica. Secondo l’International Panel on Climate Change, attualmente il 30% dei suoli mondiali è degradato, e si prevede che questa percentuale possa raggiungere il 90% entro il 2050, con conseguenze devastanti sulla produzione alimentare globale.
Francesca e Giulio, di fronte alla desertificazione e alla perdita dei loro animali dovuta a prolungati periodi di siccità, hanno deciso di adottare il pascolo rigenerativo, una pratica che sta guadagnando terreno in diverse regioni del mondo, tra cui Australia, Africa, Messico e Stati Uniti. Invece di ricorrere a fertilizzanti chimici e metodi di agricoltura intensiva, questa tecnica sfrutta le interazioni naturali tra suolo, piante e animali per rigenerare l’ecosistema.
I principi del pascolo rigenerativo
Il principio alla base del pascolo rigenerativo è semplice: imitare il comportamento delle grandi mandrie di erbivori selvatici, che migrano seguendo i cicli stagionali e il predatore naturale. Questo movimento costante favorisce:
- La formazione di humus
- Il miglioramento della salute del suolo
- Il sequestro di carbonio, un aspetto cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico
Secondo la Royal Society, questo approccio è una soluzione economica e poco tecnologica, in grado di ridurre le emissioni di gas serra legate all’agricoltura convenzionale.
Le statistiche sulle emissioni globali di gas serra derivanti dagli allevamenti intensivi sono allarmanti. La FAO ha evidenziato un trend in costante crescita e, mentre si investe nello sviluppo di carne sintetica e alternative vegane, la pratica del pascolo rigenerativo pone interrogativi su come migliorare i metodi di produzione alimentare attuali. La storia di Francesca e Giulio, raccontata in “Cose che accadono sulla Terra”, è emblematicamente una piccola rivoluzione, simile a quella di migliaia di altri allevatori nel mondo, che si oppongono alle pratiche intensive e mostrano come gli erbivori possano diventare alleati nella mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.
Un racconto di speranza e coesistenza
Il film, girato nell’arco di due anni, narra il legame speciale tra Brianna, una bambina di sei anni, e sua madre Francesca. La loro vita quotidiana è segnata dalle sfide dell’allevamento sostenibile, ma anche dalla speranza di un futuro migliore. La narrazione, al femminile, mostra come il passaggio a metodi di allevamento più ecologici possa influenzare non solo il presente, ma anche le generazioni future.
Inoltre, il film affronta anche la questione dei lupi, considerati antagonisti dalla famiglia di allevatori. Questi animali, inizialmente percepiti come una minaccia, diventano nel corso della narrazione una metafora dell’interazione tra l’uomo e la natura, un riflesso delle paure e delle sfide che gli allevatori devono affrontare. La complessità della relazione tra uomo e animale è un tema centrale nel racconto, ponendo domande importanti sulla coesistenza e sull’equilibrio degli ecosistemi.
In un’epoca in cui i cambiamenti climatici e la crisi ambientale sono al centro del dibattito globale, il lavoro di Francesca e Giulio, così come quello di altri allevatori che seguono la stessa filosofia, rappresenta un faro di speranza. La loro storia, insieme a quella documentata nel film, invita a riflettere sulle scelte che facciamo riguardo alla nostra alimentazione e al nostro rapporto con la terra e gli animali.