La produzione di energia solare in Italia rischia di subire una battuta d’arresto a causa dell’innalzamento delle temperature legato ai cambiamenti climatici. Un recente studio pubblicato da RSE sulla rivista Regional Environmental Change ha analizzato come il clima influenzerà l’efficienza degli impianti fotovoltaici in tutto il paese fino al 2100, mettendo in luce scenari preoccupanti, soprattutto nelle zone montane dove l’effetto del riscaldamento si farà sentire con particolare forza.
Scenari climatici e metodo di ricerca adottati nello studio
Lo studio di Riccardo Bonanno ed Elena Collino si è basato sui modelli climatici regionali del progetto Euro-CORDEX, utilizzati per simulare le condizioni atmosferiche future in Italia. Per migliorare l’accuratezza delle previsioni, i ricercatori hanno calibrato i dati correggendo gli errori sistematici dei modelli, confrontandoli con osservazioni reali raccolte tramite satelliti e analisi meteorologiche . L’obiettivo è stato stimare come la produzione fotovoltaica potrà evolversi entro la fine del secolo rispetto a tre scenari ipotetici di emissioni di gas serra, chiamati RCP .
Questi scenari rappresentano differenti livelli di riscaldamento globale e sono contraddistinti dalla forza radiativa in watt per metro quadrato che si prevede nel 2100. L’RCP 2.6 è il più ottimista, presuppone una decisa riduzione delle emissioni con politiche efficaci. L’RCP 4.5 descrive uno scenario intermedio, mentre l’RCP 8.5 prevede l’assenza di controlli e una crescita continua dei gas serra, con conseguenze più gravi sul clima.
Riduzione della produttività fotovoltaica nelle Alpi e nelle altre regioni italiane
Secondo la ricerca, il peggior impatto sul fotovoltaico si concentrerà sulle aree alpine. Qui, l’aumento delle temperature comprometterà l’efficienza dei pannelli, poiché il calore riduce la capacità di conversione dell’energia solare. Inoltre, la diminuzione della copertura nevosa aggraverà la situazione abbassando l’albedo, cioè la quantità di luce riflessa verso i pannelli dagli strati di neve. Entrambi questi fattori porteranno a un calo della produzione fino all’8% entro il 2100 nello scenario più negativo .
Nel resto dell’Italia, specialmente nelle regioni centro-meridionali e insulari, il calo della produzione sarà meno marcato, attorno al 2%. Anche se la radiazione solare diretta tende a salire in alcune zone, l’aumento costante della temperatura media annua annulla gran parte dei guadagni. Questo effetto negativo mette in discussione la redditività degli impianti, in particolare di quelli di nuova costruzione in alta quota, come quelli posizionati su dighe o sopra i monti.
Variazioni stagionali nella produzione solare: differenze tra estate e inverno
L’impatto climatico sulla resa dei pannelli cambia sensibilmente a seconda della stagione. Nelle estati più calde previste sotto lo scenario peggiore, la crescita della radiazione solare sarà in parte neutralizzata dal surriscaldamento dei moduli, ma si registrerà comunque una leggera crescita della produzione. Le stagioni più critiche sono l’autunno e l’inverno, dove la perdita di neve e l’effetto albedo provocheranno cali di produzione fino al 5%.
Gli scenari meno problematici, RCP 2.6 e 4.5, indicano cambiamenti meno rilevanti nel rendimento. Nel primo caso, la produzione rimarrà piuttosto stabile con una lieve crescita in primavera; nel secondo scenario le perdite saranno limitate nelle Alpi mentre il resto del territorio conserverà un’efficienza quasi invariata. Tuttavia, l’aumento della temperatura si conferma sempre come il principale fattore che limita il rendimento dei moduli in tutte le stagioni.
Possibili soluzioni tecnologiche per affrontare l’impatto climatico
Per contrastare il calo della produttività, gli autori suggeriscono di adottare tecnologie più avanzate. Tra queste, i pannelli bifacciali consentono di catturare la luce sia dalla superficie superiore che da quella inferiore, sfruttando la riflessione del suolo e potenzialmente aumentando la resa di oltre il 30%. Un’altra strada è l’impiego di inseguitori solari, dispositivi che muovono i pannelli seguendo il percorso del sole durante la giornata, migliorando la captazione della radiazione.
Queste soluzioni comportano però costi più elevati e necessitano di maggior manutenzione. L’integrazione con sistemi di accumulo energetico o fonti rinnovabili alternative può aiutare a compensare le fluttuazioni nella produzione causate dal clima e dalle stagioni. In ogni caso, secondo RSE, l’effetto delle variazioni climatiche sulla produzione complessiva non comprometterà gli obiettivi nazionali per la transizione energetica, dato che le zone più colpite rappresentano una piccola quota della capacità installata attuale.
La necessità di adattare impianti e modelli climatici alle nuove condizioni
Lo studio sottolinea l’importanza di un continuo aggiornamento dei modelli climatici per comprendere meglio le condizioni future e di adeguare le installazioni di fotovoltaico alle specifiche caratteristiche locali. Puntare su pannelli con resistenza al calore e sull’ottimizzazione delle installazioni in base all’andamento stagionale può aiutare a limitare le perdite di produzione. Le politiche di sviluppo delle energie rinnovabili dovranno tenere conto anche delle sensibilità climatiche per garantire la stabilità del sistema energetico italiano nei prossimi decenni.