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Imprenditore agricolo arrestato a caserta per furto e danni allo storico acquedotto carolino patrimonio unesco

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Il furto d’acqua all’interno di un bene storico protetto dall’Unesco è al centro di un’indagine a Caserta. Un imprenditore agricolo di 58 anni è stato fermato per aver realizzato un allaccio abusivo su una vasca borbonica dell’acquedotto carolino, sottraendo l’acqua destinata alla reggia di Caserta. Lo scandalo emerge proprio in un periodo di forte siccità estiva, con i giardini storici quasi a secco a causa della carenza idrica, e mette in luce problemi di tutela e rispetto delle risorse pubbliche e culturali.

Furto d’acqua e danneggiamenti al patrimonio storico di caserta

L’imprenditore agricolo è accusato di aver praticato un allaccio illegalmente su una delle vasche borboniche dell’acquedotto carolino, struttura tutelata dall’Unesco per il suo valore storico e artistico. Secondo gli accertamenti dei carabinieri, l’uomo ha realizzato un foro nella vasca, compromettendo così l’integrità del manufatto e prelevando abusivamente acqua pubblica. La tubazione, lunga circa 145 metri, trasportava l’acqua sottratta fino a diverse zone del suo fondo agricolo, irrigando i campi e alimentando una cisterna di raccolta. Questa operazione ha sottratto risorse vitali per la reggia di Caserta, che già affronta frequenti avarie nella fornitura idrica nelle sue fontane e vasche storiche.

Danni al patrimonio e furto aggravato

L’intervento ha provocato un danno a un bene culturale tutelato, configurando la fattispecie di furto aggravato e continuato con contestuale danneggiamento. L’acquedotto carolino è elemento centrale per il funzionamento delle fontane nel parco reale, e il furto ha ridotto l’acqua disponibile, colpendo il sistema idrico storico sotto tutela internazionale.

Le indagini dei carabinieri e il sequestro del terreno abusivo

L’indagine è stata condotta dai carabinieri della stazione di Caserta con l’ausilio del nucleo forestale, sotto la direzione della procura di Santa Maria Capua Vetere. Le analisi sono partite osservando una carenza anomala dell’acqua nella reggia di Caserta, sospettando da subito una possibile interferenza abusiva lungo l’acquedotto carolino. I militari si sono recati nel fondo agricolo dell’uomo vicino al bosco di San Silvestro, altra zona protetta dell’area regale costituita da un patrimonio Unesco. Il terreno, concesso in uso all’imprenditore ma appartenente all’Istituto Diocesano di Sostentamento al Clero di Caserta, è risultato attrezzato con un sistema di gestione idrica non autorizzato e dannoso.

Sopralluogo e scoperta

Durante il sopralluogo, le forze dell’ordine hanno scoperto tubazioni in polietilene collegate abusivamente alla vasca borbonica. All’interno del terreno sono stati rinvenuti anche numerosi rifiuti agricoli derivanti da attività di taglio e sfalcio di aree limitrofe, senza alcuna autorizzazione per la gestione dei residui. Tutto il materiale e l’area interessata sono stati sottoposti a sequestro immediato, evidenziando una situazione di impatto ambientale oltre che culturale.

Le conseguenze per la reggia di caserta e il rischio idrico nel parco reale

La sottrazione fraudolenta dell’acqua sta aggravando i problemi di erogazione idrica che da tempo affliggono la reggia di Caserta. Le fontane e le vasche storiche, punto di forza della bellezza artistica e della funzionalità del complesso monumentale, mostrano segni di siccità soprattutto in estate. L’acquedotto carolino, sistema idraulico realizzato nel XVIII secolo, ha il compito di alimentare le decorazioni d’acqua nei giardini borbonici, e il suo danneggiamento mette a repentaglio il patrimonio artistico e l’ecosistema circostante.

Impatti ambientali e culturali

La presenza di prelievi abusivi nel sistema idraulico rischia inoltre di compromettere gli equilibri ambientali del parco reale, influenzando la biodiversità locale. Senza un intervento rapido, il rischio di secchezza prolungata potrebbe danneggiare irreparabilmente piante, fauna e assetto idrico che fanno parte del contesto storico-culturale tutelato. La vicenda richiama la necessità di vigilanza e tutela stringente sulle risorse nei siti Unesco, soprattutto se legate a sistemi complessi di gestione come l’acquedotto carolino.

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