L’ex presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, è stato arrestato nuovamente dalla procura speciale. Le accuse riguardano ostacolo a funzioni ufficiali e altre contestazioni legate all’imposizione della legge marziale avvenuta lo scorso dicembre. La vicenda si intreccia con un’indagine approfondita da parte dei nuovi procuratori nominati dopo il cambio di presidenza a giugno 2025, una fase che ha riaperto il caso dopo mesi di tensioni politiche e giudiziarie.
Contesto dell’arresto e procedimenti precedenti
Yoon Suk-yeol era già finito sotto inchiesta all’inizio del 2025. A gennaio era stato incriminato per aver guidato un’insurrezione, un’accusa pesante che lo aveva portato a un arresto iniziale. Dopo alcune settimane, a marzo era stato rilasciato e ufficialmente rimosso dal suo incarico ad aprile, a seguito dell’ok della Corte costituzionale alla procedura di impeachment. Quel provvedimento ha sancito la fine anticipata del suo mandato presidenziale, segnando un punto di rottura forte nella storia politica recente della Corea del Sud.
La nuova presidenza e la procura speciale
Il nuovo presidente Lee Jae-myung è entrato in carica all’inizio di giugno. Nei giorni successivi ha istituito una procura speciale autonoma rispetto al governo in carica, incaricandola di condurre un’indagine dettagliata sulla gestione della legge marziale decisa da Yoon il 3 dicembre. L’intento era svelare cosa fosse successo realmente durante quel periodo e quale ruolo avesse avuto l’ex presidente nei fatti contestati.
Le nuove accuse e la richiesta di arresto
Lo scorso weekend la procura speciale ha avanzato la richiesta di un mandato di arresto contro Yoon. Secondo l’accusa, l’ex presidente avrebbe ordinato già a gennaio ai servizi di sicurezza presidenziali di impedire la sua detenzione, ostacolando così gli interventi della polizia in diversi tentativi di arresto. È emerso, inoltre, che Yoon, dopo l’interrogatorio di questa settimana, è stato raggiunto da un provvedimento restrittivo emesso da un tribunale di Seul.
Il magistrato ha motivato la decisione facendo leva sul rischio concreto che Yoon potesse distruggere prove importanti per l’inchiesta. Il documento ufficiale dell’arresto mette in luce la gravità delle opposizioni poste dall’ex presidente durante la fase investigativa, sostenendo un disegno preciso volto a evitare l’accertamento della verità. Da parte sua, Yoon ha respinto tutte le accuse. Durante le audizioni ha definito l’indagine come «falsa» e motivata da ragioni politiche, negando di aver ostacolato in alcun modo l’operato della giustizia.
Presunti ordini militari e tensioni con la Corea del Nord
Un elemento che ha attirato particolare attenzione riguarda un ordine attribuito a Yoon emanato nell’ottobre precedente alla legge marziale. Secondo alcune fonti giornalistiche di Seul, l’ex presidente avrebbe disposto l’invio di droni verso il territorio della Corea del Nord. Questa operazione sarebbe stata pianificata per provocare un attacco dall’estero, con lo scopo di giustificare sul piano interno l’imposizione dello stato d’emergenza.
L’uso di droni in contesti militari resta una questione delicata, ma in questo caso si parla di una strategia che coinvolge direttamente le relazioni tra Pyongyang e Seul, già da tempo caratterizzate da alti livelli di tensione. Il presunto tentativo di provocazione apre uno scenario politico e diplomatico di elevata complessità, sollevando interrogativi sul ruolo concreto del comando civile durante quegli eventi.
Le indagini della procura speciale proseguono con attenzione verso ogni dettaglio, mentre la popolazione e gli osservatori internazionali seguono sviluppi che potrebbero avere ripercussioni profonde sul futuro politico della Corea del Sud e sui rapporti nella regione. Ogni passaggio di questa vicenda sarà verificato con rigore dalla magistratura e dalle istituzioni coinvolte.