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L’ex procuratore giuseppe pignatone indagato per favoreggiamento alla mafia in inchiesta su appalti e cave in toscana

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L’ex procuratore di Roma e presidente del tribunale Vaticano, giuseppe pignatone, è stato sentito a Caltanissetta nell’ambito di un’inchiesta per favoreggiamento alla mafia. L’interrogatorio, durato diverse ore, si è svolto davanti ai pm che lo avevano iscritto nel registro degli indagati mesi fa. La vicenda riguarda un presunto insabbiamento di un’indagine sulle infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti e nelle cave toscane.

Come sono andate le indagini e i sospetti

L’inchiesta coordinata dalla Procura di Caltanissetta punta a chiarire come sarebbero stati ostacolati gli accertamenti sulle interferenze di cosca mafiose nei cantieri pubblici. Oltre a pignatone, risultano indagati anche l’ex pm di Palermo gioacchino natoli e il generale della Guardia di finanza stefano screpanti. Nel corso delle indagini si è ricostruito che, insieme all’ex procuratore di Palermo pietro giammanco, oggi deceduto, pignatone avrebbe spinto natoli e screpanti a svolgere un’indagine di facciata.

La strategia dell’indagine limitata

I magistrati sostengono che questa indagine sarebbe stata limitata nel tempo e avrebbe coinvolto un numero ridotto di sospetti, in modo da non approfondire realmente le infiltrazioni mafiose. L’obiettivo sarebbe stato quello di costituire un’istruttoria superficiale per favorire alcuni imprenditori legati a cosche mafiose. Tra questi, secondo l’accusa, figurano antonino buscemi e francesco bonura, che avrebbero evitato controlli più severi grazie al modo in cui è stata gestita l’indagine.

Le accuse principali contro giuseppe pignatone

In particolare pignatone è accusato di aver istigato natoli a richiedere l’archiviazione del procedimento senza effettuare ulteriori indagini, trascurando le intercettazioni telefoniche che avrebbero potuto rivelare elementi importanti. Inoltre, i pm contestano a pignatone di aver ordinato la smagnetizzazione delle bobine contenenti le intercettazioni e la distruzione dei relativi brogliacci, in modo da cancellare le prove.

Le intercettazioni e i materiali in questione sono stati tuttavia ritrovati e non risultano distrutti. È emerso che, in quegli anni, la cancellazione di bobine considerate irrilevanti in alcune inchieste era una prassi adottata da alcuni uffici giudiziari. Questo dettaglio rende più complessa la posizione di pignatone ma non elimina le contestazioni su un possibile tentativo di inquinare le prove.

Il possibile collegamento con la strage di via d’amelio

L’interesse dei magistrati di caltanissetta verso il dossier mafia-appalti è riacceso dal sospetto che la gestione dell’indagine e la sua archiviazione possano aver avuto conseguenze gravi. In particolare, si cerca di capire se la mancata approfondita verifica sulle infiltrazioni mafiose nei grandi lavori pubblici possa aver rappresentato una motivazione dietro l’uccisione del giudice paolo borsellino.

Secondo i familiari del magistrato, che si sono fatti portavoce di questa ipotesi, il giudice è stato assassinato per evitare che proseguisse le indagini su questa vicenda. La strage di via d’amelio del 1992 resta un nodo irrisolto su cui le nuove acquisizioni di caltanissetta potrebbero gettare nuova luce.

Sviluppi futuri nei prossimi mesi

Le prossime settimane saranno importanti per chiarire i ruoli, le responsabilità e per comprendere se, effettivamente, il sistema giudiziario è stato manipolato per coprire interessi mafiosi nel mondo degli appalti e delle cave in Toscana. La posizione di giuseppe pignatone resterà al centro di questa verifica, così come quella degli altri indagati coinvolti.

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