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Pm di bologna chiede 15 condanne per estorsione e bancarotta legate all’operazione ragnatela

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Il processo nato dall’operazione “Ragnatela”, avviata dalle forze dell’ordine di Bologna nel 2021, vede oggi la richiesta di 15 condanne da parte del pm Roberto Ceroni. I capi d’accusa vanno dall’estorsione ai reati fiscali legati alla gestione di una casa di riposo sull’Appennino bolognese. Il procedimento verte anche su presunte intimidazioni e un uso di metodi mafiosi durante la gestione della struttura, con richieste di pene fino a nove anni per alcuni imputati.

Il contesto dell’operazione ragnatela e gli arresti iniziali

A fine ottobre 2021 carabinieri e guardia di finanza hanno messo in atto un blitz che ha portato agli arresti di due cittadini crotonesi, Francesco Zuccalà e Fiore Moliterni, e al sequestro preventivo di diversi beni. L’inchiesta si è concentrata su un gruppo accusato di aver condotto estorsioni, bancarotta e altri reati tributari, agendo soprattutto intorno alla gestione di una casa di riposo situata ad Alto Reno Terme. L’operazione ha sgretolato una rete che, secondo l’accusa, utilizzava prestanome per mascherare operazioni illecite e portare al fallimento della vecchia società nel 2016.

Il pm della dda di Bologna Roberto Ceroni ha condotto le indagini, coordinate dal collegio presieduto da Massimiliano Cenni, puntando a far emergere le responsabilità degli imputati nel quadro giudiziario aperto dopo quella prima fase di arresti e sequestri.

Le richieste di condanna e le accuse specifiche per i principali imputati

La procura ha chiesto condanne per 15 imputati con pene variabili da due a nove anni. Fiore Moliterni, uno dei crotonesi arrestati, affronta la richiesta più severa insieme a Omar Mohamed, cui vengono contestate anche aggravanti aggravate dal metodo mafioso. Mohamed, noto per gestire alcuni locali a Bologna, è inoltre accusato di un episodio di tentata estorsione, parzialmente consumata presso la sede del dopolavoro ferroviario di Bologna.

Alcune posizioni, tra cui quella di Zuccalà, sono state estrapolate dal processo principale dopo che sono stati depositati dei patteggiamenti. In questi casi, le udienze saranno trattate da collegi separati a breve. Il quadro accusatorio complessivo punta a dimostrare come il gruppo sia intervenuto con modalità aggressive per subentrare nella gestione della casa di riposo, svuotando la società in difficoltà e ricostituendo l’attività con una cooperativa fittizia e una serie di dipendenti costretti a dimettersi e poi riassunti con minacce.

Il coinvolgimento della casa di riposo sassocardo e le modalità di gestione contestate

Al centro delle contestazioni c’è la casa di riposo Sassocardo, localizzata nel comune di Alto Reno Terme, sull’Appennino bolognese. I pm sostengono che il gruppo indagato abbia causato il fallimento della vecchia società che gestiva la struttura nel 2016, portandola a dissesto finanziario e acquisendone il controllo. Questo avvenne mediante il ricorso a prestanome e trasferimenti sospetti di liquidità.

Le accuse comprendono minacce rivolte ai dipendenti dell’istituto, per convincerli a lasciare il posto di lavoro per poi essere riassunti nella nuova cooperativa creata ad hoc. Tali comportamenti, secondo l’accusa, si rifanno a prassi tipiche di contesti mafiosi, con intimidazioni che hanno pesantemente influenzato la vita lavorativa degli operatori della casa di riposo. Questo quadro ha portato alla richiesta di confisca dei beni sotto sequestro, per cui si attende il verdetto nelle prossime udienze.

L’impegno delle parti civili e le prossime udienze previste dopo l’estate

Tra le parti civili si sono costituite la Città metropolitana di Bologna e la Regione Emilia-Romagna, rappresentate rispettivamente dagli avvocati Salvatore Tesoriero e Alessandro Gamberini. Queste istituzioni hanno manifestato interesse a tutelare gli interessi pubblici lesi da questi eventi e a partecipare al procedimento per ottenere risarcimenti e giustizia.

La sentenza in questo processo è attesa dopo la pausa estiva. Il collegio guidato da Massimiliano Cenni proseguirà l’esame dei casi, incluse le posizioni separate di alcuni imputati. Le udienze determineranno il destino giudiziario di chi è stato coinvolto, basandosi sui risultati emersi da tre anni di indagini e dalle numerose testimonianze raccolte nel corso degli ultimi mesi.

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