La decisione del governo panamense di convertire il ministero degli affari femminili in un semplice dipartimento gestito dal ministero dello sviluppo sociale ha scatenato forti reazioni da parte di organizzazioni femministe locali. Il provvedimento, annunciato dal presidente José Raúl Mulino il primo luglio, si presenta come un tentativo di ridurre la burocrazia statale ma rischia di limitare la rappresentanza e la tutela dei diritti delle donne nel paese centroamericano.
La proposta del governo e le sue motivazioni
Il presidente José Raúl Mulino ha spiegato durante il discorso alla nazione che l’obiettivo principale è di ridurre le dimensioni dell’apparato statale e accorpare alcune funzioni per renderle più snelle e centralizzate. Nel contesto di una riorganizzazione amministrativa, si vuole trasformare il ministero degli affari femminili in un dipartimento subordinato al ministero dello sviluppo sociale. Ciò comporterebbe una perdita dell’autonomia dell’ente dedicato alle politiche di genere e alla tutela dei diritti delle donne.
Efficienza contro autonomia
Secondo il discorso presidenziale, questa scelta dovrebbe comportare minori spese e una gestione più efficiente delle risorse pubbliche. Tuttavia, i dettagli su quali funzioni verrebbero trasferite o eliminate e su come verrebbe garantita la tutela delle questioni femminili non sono stati chiariti. Al momento, il governo sostiene che la decisione è parte di un piano più ampio di snellimento burocratico.
La reazione delle organizzazioni femministe di panama
Il provvedimento ha incontrato una netta opposizione da parte della Convergenza Nazionale delle Donne per Panama e di altre associazioni impegnate nella difesa dei diritti delle donne. In una dichiarazione congiunta, hanno definito la decisione come un arretramento grave delle conquiste ottenute nel corso degli anni. Le attiviste sottolineano che trasformare il ministero in un semplice dipartimento riduce la visibilità e la capacità di influenza delle donne nelle politiche pubbliche più importanti.
Rischi di marginalizzazione
Secondo le organizzazioni, eliminare il ministero significherebbe perdere un punto di riferimento istituzionale per affrontare temi delicati come la salute femminile, l’istruzione specifica, la giustizia di genere, le condizioni di lavoro e la protezione contro la violenza. Questi ambiti rischierebbero di essere marginalizzati all’interno di un dicastero più ampio, dove le priorità potrebbero concentrarsi altrove.
Rivendicano il ruolo strategico del ministero, che non si configura come un costo inutile ma piuttosto come uno strumento necessario per garantire alle donne un posto nelle scelte pubbliche che riguardano la loro vita quotidiana.
Implicazioni legali e obblighi internazionali di panama
Le associazioni femministe segnalano che la decisione va contro gli impegni di Panama nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne . Il paese ha sottoscritto questo trattato internazionale che obbliga gli stati a mantenere e rafforzare i meccanismi per la promozione della parità di genere.
Spostare o ridimensionare il ministero degli affari femminili potrebbe costituire una violazione di queste condizioni, compromettendo gli sforzi per eliminare discriminazioni e disuguaglianze. Le organizzazioni richiedono quindi al governo di rispettare le norme internazionali e di non ridurre l’impegno statale verso le questioni di genere.
Il dibattito sui meccanismi istituzionali
La vicenda apre un dibattito più ampio sul ruolo degli enti pubblici dediti ai diritti delle donne e sulle difficoltà nel mantenere spazi istituzionali indipendenti dedicati al tema in contesti di tagli e riorganizzazioni amministrative.
Le prossime mosse ufficiali del governo saranno osservate con attenzione sia dalle attiviste che dagli organismi internazionali che monitorano gli standard sui diritti umani e di parità in America Latina.