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Arrestati a catania per torture legate al traffico di droga: un uomo tenuto prigioniero e picchiato in una stalla abusiva

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Un episodio di violenza estrema è emerso nel quartiere Villaggio Sant’Agata a Catania, dove un uomo sarebbe stato rapito, picchiato e sottoposto a maltrattamenti da parte di tre persone coinvolte nel traffico di sostanze stupefacenti. L’azione violenta si sarebbe svolta all’interno di una stalla abusiva, dove la vittima è stata legata, malmenata e costretta a subire una rasatura forzata di capelli e sopracciglia.

Contesto delle indagini e ricostruzione dei fatti

Gli accertamenti sono partiti a giugno 2025 nel quartiere Villaggio Sant’Agata, zona di Catania nota per la presenza d’attività illecite legate allo spaccio di droga da diversi anni. Il caso ha preso corpo dopo il sequestro dello smartphone di uno degli arrestati, già agli arresti domiciliari per un procedimento distinto ma collegato.

I video trovati sul dispositivo mostrano scene risalenti al 29 maggio 2025, in cui si individuano con chiarezza la vittima legata a una sedia, circondata dagli aggressori e sottoposta ad atti di violenza fisica, tra cui percosse con un frustino. Viene anche ripresa la rasatura forzata dei capelli e delle sopracciglia, atto che denuncia un’intenzione di umiliazione e intimidazione.

Dettagli dell’arresto e contestazione del reato

Il 27 giugno 2025 i carabinieri del comando di Catania Fontanarossa hanno eseguito un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal gip Cristian Rungo. Le persone coinvolte sono Paolo Simone Scuderi, 35 anni, e i due più giovani, 25 e 22 anni. La procura locale ha contestato nei loro confronti il reato di tortura, accettato dall’autorità giudiziaria per la gravità delle violenze documentate.

L’arresto giunge al termine di una complessa attività investigativa che ha raccolto elementi chiari e testimonianze video che dimostrano le modalità con cui è stata tenuta la vittima. I tre arrestati sono stati condotti direttamente in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Il ruolo delle forze dell’ordine e la risposta giudiziaria

I carabinieri hanno focalizzato le indagini nell’area urbana definita “a rischio”, controllando movimenti e acquisendo prove materiali, tra cui i video che costituiscono il fulcro delle accuse. Il lavoro coordinato tra procura e forze dell’ordine ha permesso di bloccare in tempo i responsabili.

Ottenere un decreto di custodia cautelare per il reato di tortura in Italia richiede una quantità di prove sostanziali, considerata la gravità del reato stesso. In questo caso, il gip Cristian Rungo ha ritenuto la documentazione video sufficiente a sostenere il provvedimento restrittivo.

Il caso evidenzia la brutalità che può caratterizzare le dispute interne nel mercato della droga, spesso risolte tramite intimidazioni e punizioni corporali. Le autorità continuano a monitorare l’area per prevenire episodi simili e garantire il rispetto della legalità.

Implicazioni e prossimi sviluppi

Con l’ordinanza di custodia cautelare, i tre uomini restano in carcere mentre si svolgono ulteriori accertamenti da parte della procura. La vittima, presumibilmente coinvolta nello spaccio, ha subito violenze che rientrano nella definizione giuridica di tortura, un reato poco frequente ma che qui trova riscontro attraverso le prove video raccolte.

L’indagine potrebbe estendersi per verificare eventuali altre responsabilità o collegamenti con altre attività criminali nella zona. Le forze dell’ordine mantengono alta l’attenzione nella lotta contro il traffico di stupefacenti e le forme di violenza che ne derivano.

Questo episodio conferma la complessità di gestire i gruppi criminali legati alla droga, dove la disciplina interna si ottiene spesso tramite violenze fisiche gravi. Lo sviluppo del procedimento giudiziario seguirà le mosse degli imputati e l’eventuale emergere di nuovi elementi probatori.

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