Le indagini sul crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018, che provocò 43 vittime, proseguono con nuovi dettagli emersi durante la requisitoria dei pm Marco Airoldi e Walter Cotugno. Al centro delle accuse ci sono le prove riflettometriche , indicatori fondamentali per la programmazione degli interventi di manutenzione. L’accusa sostiene che i report relativi a queste verifiche fossero copiati e alterati, compromettendo la sicurezza della struttura. Nel corso dell’udienza sono emersi anche elementi riguardanti la riduzione delle spese dedicate alla manutenzione, con potenziali ripercussioni sulla tenuta del ponte.
Irregolarità nei report delle prove riflettometriche sulla pila 9
Il pm Marco Airoldi ha illustrato come la relazione del 2011, riguardante i controlli sulla pila 9 del ponte Morandi – quella che crollò sul lato mare – presenti evidenti errori. Secondo l’accusa, i documenti relativi alle prove riflettometriche contengono passaggi copiati e incollati in modo improprio. La relazione inizia con una sezione nominata “7.1 considerazioni pila 9 lato monte”, ma nella parte dedicata al lato mare si leggono riferimenti non corretti. In particolare, alcune righe riportano ancora la dicitura “lato monte” mentre si parlava del lato mare, segno evidente di un taglia e incolla fatto senza riguardo ai contenuti. Stessa dinamica emersa per la pila 10, in cui sono stati riportati termini errati come “monte” invece di “valle”.
Tentativo di correzione insufficiente nella relazione 2013
Ad aggravare la situazione, la relazione del 2013 mostra un tentativo di correggere questi errori modificando parole chiave, ma lasciando intatti refusi nelle righe successive. L’accusa sottolinea così un metodo approssimativo e superficiale che avrebbe potuto nascondere problemi reali nelle strutture. La manipolazione di dati fondamentali ha impedito di pianificare correttamente gli interventi necessari per la manutenzione della pila incriminata.
Riduzione delle spese di manutenzione e conseguenze
Durante l’udienza il pm ha sottolineato anche un calo nelle spese destinate alla manutenzione della rete autostradale negli anni precedenti al crollo, in particolare nel 2012 e nel 2016. Le note agli allegati di bilancio indicano una diminuzione delle prestazioni edili e professionali dedicate a questi interventi. Secondo l’accusa, questa politica di risparmio è stata adottata dopo la fine del meccanismo di aumento indiscriminato dei pedaggi.
Gestione delle entrate e impatto sulla manutenzione
Il pm ha evidenziato che, in assenza di incrementi tariffari costanti, la società autostradale ha cercato di bilanciare le entrate con un aumento del traffico veicolare. Parallelamente, ha ritardato gli interventi di manutenzione, diluendo i costi nel tempo. Questo approccio avrebbe portato a una gestione meno attenta delle strutture, aumentando il rischio di cedimenti come quello che ha causato il disastro del ponte Morandi. I risparmi ottenuti con i tagli hanno quindi inciso direttamente sulla sicurezza della rete viaria.
Rilievo delle prove documentali nel processo
La requisitoria ha insistito sull’importanza della documentazione tecnica per capire cosa è accaduto prima del crollo. I report delle RIMT non solo dovevano tracciare lo stato di salute delle pile, ma servivano da base per le manutenzioni preventive. Le alterazioni riscontrate negli atti rendono difficile tracciare una mappa chiara delle condizioni reali delle strutture nel tempo.
Gli errori sistematici e le omissioni nei report sono al centro dell’inchiesta per stabilire se la sicurezza del ponte sia stata compromessa da negligenze o menzogne. Il modo in cui sono stati gestiti i dati tecnici ha un peso fondamentale nel quadro accusatorio, insieme al tema dei tagli alle spese, che sembra aver influito sulla manutenzione in modo decisivo. Il processo segue il suo corso mentre emergono dettagli che spiegano il disastro e la catena di eventi che lo ha preceduto.