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Dalla metallurgia al petrolifero: come la transizione energetica investirà l’industria pesante

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La transizione energetica globale punta a decarbonizzare anche i settori industriali più difficili da trasformare. L’industria pesante, responsabile di una quota significativa delle emissioni di gas serra, affronta sfide complesse legate alla dipendenza dai combustibili fossili e all’elevato consumo di energia. Un recente rapporto frutto della collaborazione tra ABB e Fraunhofer analizza le tecnologie disponibili per ridurre l’impatto ambientale in ambiti come la produzione dell’acciaio e l’estrazione di petrolio e gas, presentando strategie concrete per un futuro a basse emissioni.

Le caratteristiche e criticità dell’industria pesante nella decarbonizzazione

L’industria pesante comprende attività ad alta intensità energetica come la metallurgia, la produzione chimica, il cemento e il settore oil&gas. Questi ambiti usano grandi impianti e processi che, da decenni, si basano principalmente su combustibili fossili e producono una quota rilevante delle emissioni globali. Negli ultimi anni, la pressione per l’elettrificazione e per la riduzione dell’impatto ambientale ha raggiunto livelli maggiori, con oltre cento paesi impegnati a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050.

Questa spinta si accompagna a un interesse crescente da parte di investitori, clienti e stakeholder industriali che chiedono filiere più sostenibili e più efficienti dal punto di vista energetico e dei costi. Tuttavia, la trasformazione è resa difficile dalla complessità degli impianti e dall’inerzia tecnica ed economica legata all’attuale configurazione infrastrutturale. Su questo si basa l’indagine nel report prodotta da ABB Motion e Fraunhofer, che identifica ostacoli e opportunità per accompagnare la decarbonizzazione in questo comparto.

Soluzioni per la produzione dell’acciaio tra elettrificazione e idrogeno

L’acciaio resta un pilastro per molte attività economiche, con quasi 1,9 miliardi di tonnellate prodotte ogni anno a livello globale. Il modello tradizionale coinvolge forni ad alta temperatura alimentati da coke, che liberano quantità elevate di CO₂ sia per il consumo energetico sia per le reazioni chimiche di riduzione del minerale di ferro. La tecnologia BF-BOF continua a dominare il mercato, assorbendo la maggior parte dell’energia e dipendendo da combustibili fossili in tutte le fasi.

Proposte di abb per decarbonizzare l’acciaio

Il rapporto propone di estendere l’uso di forni ad arco elettrico per fondere principalmente rottami di acciaio, diminuendo la necessità di coke e le emissioni correlate. Tuttavia, il riciclo da solo non coprirebbe la domanda totale. Per questo, ABB suggerisce di combinare l’elettrificazione con l’uso di idrogeno come combustibile per i processi ad alta temperatura ancora necessari, oltre a recuperare i gas di scarto prodotti dalla cokeria come fonte energetica.

Una proposta chiave riguarda la riduzione diretta del minerale di ferro tramite idrogeno verde, che potrebbe abbattere le emissioni di oltre l’80% rispetto ai metodi tradizionali, emettendo principalmente acqua come sottoprodotto. Le tecnologie a idrogeno, incluso il plasma di idrogeno, rappresentano una via futura ma il loro impiego diffuso è previsto solo dopo il 2040, con una transizione graduale già in corso.

Petrolio e gas: ridurre flaring, venting e abbracciare l’elettrificazione

Il settore oil&gas produce oltre 5 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalenti l’anno, con una domanda di energia cresciuta del 6% nel 2022. Le maggiori emissioni provengono dalla fase di estrazione delineata come upstream, dove il flaring e il venting spiegano oltre la metà delle emissioni.

Per ABB, evitare questi fenomeni è essenziale e l’elettrificazione dei processi rappresenta un intervento chiave. Molti impianti esistenti possono essere aggiornati con motori elettrici azionati da convertitori di frequenza, un esempio è il sistema “power-from-shore” applicato a sei piattaforme nel Mare del Nord. Qui, l’energia elettrica trasmessa via cavo ha sostituito turbine a gas, consentendo una riduzione di emissioni intorno al 50%.

Anche i passaggi intermedi come il trasporto e lo stoccaggio possono migliorare, sostituendo turbine a gas con motori elettrici. Progetti a lungo termine puntano a introdurre materie prime più sostenibili nella raffinazione e a integrare l’idrogeno, impiegato sia per il calore ad alte temperature che come combustibile nei mezzi impiegati nel settore. Le tecnologie CCUS completeranno la strategia per ridurre le emissioni difficili da eliminare.

Idrogeno come risorsa chiave ma non priva di sfide

L’idrogeno svolge un ruolo cruciale nella decarbonizzazione: può servire come combustibile diretto oppure come vettore per derivati energetici. Esistono tipologie diverse, con impatti ambientali molto differenti. L’idrogeno grigio, prodotto da metano senza cattura delle emissioni, predomina tuttora ma è inquinante. L’idrogeno blu si ottiene con la cattura parziale della CO₂, mentre l’idrogeno verde deriva dall’elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili.

L’idrogeno verde resta più costoso, ma secondo IRENA i progressi tecnologici e la produzione su vasta scala potrebbero ridurre il prezzo fino all’80% entro pochi anni, rendendolo più competitivo con quello blu. L’adozione su larga scala richiederà nuove infrastrutture per la distribuzione, come gasdotti e impianti di liquefazione, e la modifica di reti esistenti, con l’aggiornamento completo di compressori e motori.

Ccus: la cattura della co₂ come strumento essenziale

La cattura, utilizzo e stoccaggio della CO₂ figura tra le soluzioni indispensabili nei prossimi anni per abbattere le emissioni residue che non si possono evitare tramite elettrificazione o idrogeno. La tecnica si fonda su sistemi di separazione che avvengono prima, durante o dopo la combustione, con metodi diversi come la gassificazione o l’ossicombustione.

La CO₂ catturata può essere riutilizzata in industrie chimiche o cementiere oppure stoccata in formazioni geologiche profonde. Esempi concreti emergono in Europa, come nel progetto Northern Lights in Norvegia, primo hub operativo per il trasporto e stoccaggio di CO₂ aperto dal 2024. ABB fornisce impianti elettrici e di automazione per gestire l’operazione, anche per le navi di trasporto, con l’obiettivo di immagazzinare fino a 5 milioni di tonnellate di CO₂ annue entro il 2028.

Pompe di calore e motori elettrici per efficienza e decarbonizzazione

Una quota rilevante del calore richiesto dall’industria riguarda temperature basse, tra 20 e 150 gradi Celsius. Le pompe di calore elettriche si adattano bene a questi scenari, producendo da tre a sette volte più calore rispetto all’energia consumata. Possono raggiungere temperature fino a 170-200 gradi e risultano versatili, adatte per riscaldare sia edifici sia processi industriali.

Nel Regno Unito è attivo un progetto su larga scala con pompe di calore ad ammoniaca ad alta temperatura per edifici residenziali e strutture pubbliche, che promette di tagliare le emissioni di oltre il 90% rispetto a impianti a gas tradizionali. ABB ha fornito motori elettrici e sistemi di regolazione della velocità, migliorando l’efficienza complessiva dell’impianto.

Anche l’elettrificazione dei motori che muovono pompe, ventilatori e compressori può portare risparmi notevoli. L’impiego di azionamenti a velocità variabile consente di modulare il consumo in base al reale fabbisogno, riducendo gli sprechi e contenendo le emissioni.

Il report ABB-Fraunhofer evidenzia come queste tecnologie, già disponibili e accessibili, rappresentino strumenti concreti per modificare processi industriali complessi in maniera efficace. La transizione verso un’economia a zero emissioni netta passa attraverso scelte tecnologiche pragmatiche e l’adozione di sistemi collaudati, anche in contesti dove l’adeguamento tradizionale è considerato difficile o lento.

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