A Tulkarem, città della Cisgiordania, l’intervento militare israeliano ha completamente stravolto due campi profughi. Le demolizioni degli edifici, effettuate con l’ausilio di bulldozer, hanno costretto migliaia di persone a lasciare le proprie case in brevissimo tempo. Questo evento alimenta ulteriormente le tensioni legate al conflitto israelo-palestinese, dato che le comunità colpite temono di perdere non solo i loro alloggi, ma anche il riconoscimento dei loro diritti storici.
Sgombero e demolizioni nei campi profughi di tulkarem
Le Forze di Difesa israeliane hanno avviato un’operazione militare che ha visto l’abbattimento di oltre cento edifici nel campo profughi di Tulkarem. L’esercito ha motivato questi sgomberi come una misura contro i miliziani palestinesi presenti nell’area. Ai residenti è stato concesso poco tempo per recuperare oggetti personali, ma molti hanno denunciato la mancanza di comunicazioni preventive. Gli spazi ora lasciati dalle case abbattute appaiono come vaste aree di macerie e percorsi interrotti, modificando completamente l’aspetto e l’uso del territorio.
Nel corso dell’operazione, iniziata a gennaio e proseguita durante una tregua relativa al conflitto di Gaza, le demoliscono sono state descritte dall’esercito come parte di una forza di contrasto verso gruppi armati radicati nella zona. Questa azione sembra mirare a interrompere le attività di resistenza complicata da una rete urbana fitta e densamente popolata come i campi profughi. Tale intervento ha un impatto diretto sulla vita quotidiana di tanti palestinesi già provati dalle difficoltà economiche e sociali dell’occupazione.
Il timore della perdita del diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi
Tra le comunità colpite si fa largo un sentimento di paura profondo: la convinzione di perdere per sempre il diritto al ritorno nelle terre storiche. Gli abitanti di questi campi discendono infatti da rifugiati espulsi dalle loro case fin dalla nascita dello stato di Israele, nel 1948. La presenza nei campi rappresenta infatti un legame tangibile con una storia di esilio e di attese per un possibile ritorno, riconosciuto a livello internazionale ma mai attuato.
Gli sgomberi rischiano di cancellare più di semplici edifici. Ciò che è a rischio è il riconoscimento di questa identità e di quel legame con le terre natalizie, su cui si fonda una delle più complesse questioni del conflitto. Il diritto al ritorno è una voce centrale nelle negoziazioni e nelle rivendicazioni palestinesi, punto su cui spesso si infrangono i negoziati di pace. Con la demolizione dei campi, molti temono che la loro condizione di rifugiati e il loro rapporto con la memoria storica siano compromessi.
La testimonianza diretta degli sfollati durante l’operazione militare
Le testimonianze degli abitanti raccontano il clima di sorpresa e confusione diffuso in questi giorni. Abd al-Rahman Ajaj, uomo di 62 anni residente a Tulkarem, ha dichiarato di essere tornato al campo trovando la sua abitazione già rasa al suolo senza alcun preavviso. Molti altri hanno espresso simili rimostranze. L’impossibilità di organizzare una salvaguardia delle poche cose personali ha aggravato il senso di perdita collettiva.
L’impatto umano dell’operazione
Queste dichiarazioni restituiscono il volto umano di un’operazione che dall’esterno appare solo come una strategia militare. Dietro ogni casa abbattuta ci sono vite sospese, ricordi dispersi e intere famiglie costrette a spostamenti forzati. Nei dintorni di Tulkarem, la pressione militare si traduce in una vita quotidiana segnata da instabilità e ansia per il futuro. Senza un impatto sulle dinamiche politiche che determinano questi sgomberi, la situazione rischia di alimentare nuovi cicli di conflitto e ostilità.
L’azione israeliana nella Cisgiordania riflette tensioni irrisolte con conseguenze concrete sulle persone. Le modifiche imposte ai campi profughi di Tulkarem determinano un ripensamento forzato di spazi, identità e diritti. Il conflitto continua a trovare terreno nelle strade polverose di questi luoghi, dove la storia e l’attualità si intrecciano in modo indissolubile.