Le industrie cosiddette hard to abate continuano a rappresentare una parte significativa delle emissioni di gas serra in Italia. Questi settori, comprendenti acciaierie, cementifici, cartiere e altri impianti ad alto impatto, affrontano sfide importanti per ridurre l’anidride carbonica prodotta dalle loro attività. Le politiche europee e italiane mirano alla neutralità carbonica entro il 2050, ma per molti impianti il traguardo resta distante. Gli ultimi dati confermano un trend di riduzione, tuttavia alcune criticità permangono, in particolare nel trasporto e nei processi industriali più complessi.
I numeri delle emissioni in italia e il contributo dei diversi settori
Secondo il rapporto Ispra del 2023, i trasporti continuano a essere la maggior fonte di gas serra in Italia, con il 28% del totale nazionale. Seguono la produzione energetica , il residenziale legato al riscaldamento e l’industria manifatturiera . I processi industriali diretti incidono per il 6%, mentre l’agricoltura contribuisce per l’8%. Tra il 1990 e il 2023, le emissioni totali sono calate del 26%, un risultato ottenuto soprattutto grazie all’adozione di energie rinnovabili e al passaggio a combustibili meno inquinanti nel settore industriale. Nel solo 2023 si è visto un ulteriore decremento del 6,8%, portando le emissioni totali a 385 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Questo miglioramento non riguarda tutte le categorie allo stesso modo. Le industrie energetiche hanno ridotto le loro emissioni quasi della metà rispetto a trent’anni fa, pur incrementando la produzione. Anche il manifatturiero mostra una riduzione consistente, con un calo superiore al 45%. I processi industriali hanno tagliato la CO2 del 40%, effetto di innovazioni tecnologiche e misure restrittive. In netto aumento, invece, sono le emissioni derivanti dal trasporto stradale, che copre oltre il 90% delle emissioni del settore trasporti e supera del 7% il livello del 1990.
Il mancato obiettivo sulle emissioni del trasporto e le conseguenze per l’italia
Il peggioramento del settore trasporti rappresenta un ostacolo nell’ambito degli impegni ambientali italiani stabiliti dall’Unione Europea. Il regolamento Effort Sharing richiede una riduzione complessiva del 43,7% delle emissioni entro il 2030 rispetto al 2005. Questo calcolo include trasporti, residenziale, agricoltura, rifiuti e industria non-Ets. A causa del continuo aumento delle emissioni nel trasporto stradale, l’Italia si è avvicinata pericolosamente al superamento dei limiti fissati, sforando questi limiti nel 2021, 2022 e 2023 di milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente.
Conseguenze e sfide per il settore trasporti
Questi superamenti potrebbero portare a sanzioni economiche e ulteriori restrizioni. Il settore trasporto, quindi, rimane il più critico per il rispetto degli accordi internazionali e nazionali. Diversi fattori contribuiscono a questa situazione: la crescita del traffico, la limitata diffusione di mezzi a basse emissioni e la difficoltà nel potenziare infrastrutture alternative. Il contrasto a questa tendenza richiederà scelte di politica pubblica mirate e investimenti mirati in mobilità sostenibile.
Il sistema ets e il finanziamento della transizione nel settore industriale
Le industrie hard to abate fanno parte del sistema europeo di scambio di quote di emissione , che impone limiti e prevede costi per le emissioni rilasciate. Nel primo trimestre del 2025, il valore delle aste dei certificati in Italia ha raggiunto 655,6 milioni di euro, segnando un incremento del 22% rispetto al 2024. Questi fondi derivano dagli obblighi delle imprese a comprare i diritti per emettere anidride carbonica.
I proventi generati dagli scambi ETS finanziano interventi per sostenere la riduzione dei gas serra. Tra le misure di spesa figura il decreto legge n. 19 del 28 febbraio 2025, che destina 600 milioni di euro nel 2025 al Fondo per la transizione energetica dell’industria. Un altro provvedimento, il decreto legge n. 208 del 31 dicembre 2024, assegna 45 milioni annui per il triennio 2025-2027 al Gse, che supporta i contratti PPA , strumenti essenziali per acquistare energia da fonti rinnovabili.
Ruolo degli strumenti di mercato nella riduzione delle emissioni
Questi meccanismi economici testimoniano un coinvolgimento diretto delle imprese e delle istituzioni nella riduzione delle emissioni tramite strumenti di mercato. Tuttavia, resta la sfida di tradurre questi fondi in trasformazioni produttive sostanziali, soprattutto nei siti a maggiore impatto ambientale.
Le tecnologie emergenti per ridurre le emissioni delle industrie più inquinanti
Tra i metodi principali per ridurre le emissioni, l’elettrificazione ha un ruolo chiave. La diffusione delle energie rinnovabili e l’installazione di sistemi di accumulo e reti intelligenti permettono di sostituire i combustibili fossili. Anche l’idrogeno viene esplorato come possibile carburante pulito, ma i costi elevati frenano ancora un suo uso massiccio.
La cattura e lo stoccaggio della CO2 guadagna terreno. Progetti pilota come l’infrastruttura già avviata a Ravenna da Eni e Snam rappresentano i primi passi in Italia verso la gestione diretta delle emissioni industriali. Cementerie e inceneritori avviano studi per valutare l’efficacia di queste soluzioni.
Biometano come risorsa sostenibile
Il biometano ottiene particolare attenzione. Produce gas dalla fermentazione anaerobica di scarti agricoli, deiezioni animali e rifiuti organici. Questo gas può essere immesso nelle reti di distribuzione e usato per riscaldamento oppure energia. Il Pnrr spinge gli investimenti in quest’ambito, con recenti incrementi delle risorse europee approvate dal Consiglio europeo. Questa tecnologia offre un modo per valorizzare materiali di scarto e ridurre la dipendenza dal gas di origine fossile.
Il progresso nelle tecnologie resta cruciale per aggirare i limiti naturali delle industrie hard to abate e accompagnare la transizione verso un’economia meno carbonizzata.