Il centro sociale Leoncavallo di Milano si trova attualmente al centro di una controversia legale che ha attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Recentemente, la Corte d’Appello ha emesso una sentenza che condanna il Viminale, Ministero dell’Interno italiano, a pagare circa 3 milioni di euro ai Cabassi, i proprietari dell’immobile in via Watteau, per il mancato sgombero del centro. Tuttavia, il ministero ha deciso di richiedere il rimborso di questa somma all’associazione Mamme Antifasciste, sostenendo che l’inottemperanza dell’associazione ai provvedimenti giudiziari sia la causa principale del risarcimento.
La controversia legale
La questione è emersa a seguito di un’ingiunzione di pagamento notificata alla presidente dell’associazione, Marina Boer. Il Viminale giustifica la sua richiesta affermando che il pagamento ai Cabassi è stato causato dall’inottemperanza dell’associazione. Secondo quanto riportato dal Corriere di Milano, il ministero chiede quindi il rimborso della somma versata e degli interessi legali maturati.
- La condanna a rimborsare i Cabassi risale a novembre 2024.
- La proprietà aveva sollecitato più volte la Prefettura a eseguire lo sgombero.
- La Prefettura ha finalmente proceduto al pagamento di circa 3 milioni e 175 mila euro ai Cabassi.
La situazione attuale
Ora, il Viminale richiede il rimborso all’associazione, con un termine di 60 giorni per adempiere all’ingiunzione. La situazione è complicata dal fatto che le Mamme Antifasciste non dispongono di un patrimonio significativo, il che significa che la responsabilità ricade principalmente sulla presidente Boer, che ora rischia il pignoramento dei propri beni personali.
Il Leoncavallo ha una lunga storia di occupazione e di attività culturali, artistiche e politiche. Fondato negli anni ’90, è diventato un punto di riferimento per diverse generazioni di attivisti e artisti. Tuttavia, il suo futuro appare ora incerto. Dopo 130 tentativi di sgombero andati a vuoto, l’associazione ha presentato a marzo una manifestazione d’interesse preliminare per trasferirsi in un altro stabile comunale situato in via San Dionigi, a Porto di Mare. Per procedere con questa nuova sistemazione, sono necessari almeno 3 milioni di euro per la riqualificazione dell’immobile.
Un dibattito più ampio
La situazione attuale ha sollevato un dibattito più ampio sulla gestione degli spazi sociali e sull’occupazione in Italia. Molti sostenitori del Leoncavallo e delle Mamme Antifasciste vedono questa ingiunzione come un attacco diretto all’attivismo sociale e alle forme di resistenza culturale che il centro rappresenta. La questione del diritto all’abitazione e degli spazi sociali è sempre più centrale nel dibattito politico italiano, con molti che chiedono una maggiore protezione per questi luoghi che offrono alternative alla cultura dominante.
La reazione di Marina Boer e delle Mamme Antifasciste alla richiesta del Viminale è stata di indignazione. In una dichiarazione, Boer ha affermato che «la lotta per la difesa del Leoncavallo è una lotta per la libertà di espressione e di associazione». Le Mamme Antifasciste si sono sempre schierate contro il fascismo e l’estremismo, vedendo nel Leoncavallo un simbolo di resistenza contro l’intolleranza e la discriminazione.
Mentre il Viminale continua a insistere sulla necessità di ripristinare l’ordine attraverso il rispetto delle leggi, la questione rimane aperta. Riusciranno le Mamme Antifasciste a trovare una soluzione per evitare il pignoramento e garantire la sopravvivenza del Leoncavallo? E quale sarà il destino di questo centro sociale che ha saputo resistere per decenni? La battaglia legale e sociale è tutt’altro che finita.