L’indagine avviata nel 2023 sulle presunte violenze commesse ai danni di detenuti nel carcere di cerialdo, in provincia di cuneo, ha portato al rinvio a giudizio di tutti i quattordici indagati. Tra loro ci sono agenti di polizia penitenziaria accusati di tortura, insieme a un ex comandante e personale medico. La vicenda ha attirato l’attenzione per gravità dei fatti e coinvolgimento diretto di varie figure interne alla struttura carceraria.
rinvio a giudizio confermato dal gup di cuneo per tutte le persone coinvolte
Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di cuneo, edmondo pio, ha accolto le richieste della procura disponendo il rinvio a giudizio per tutti i quattordici indagati nell’inchiesta sulle violenze del carcere di cerialdo. Tra questi figurano sei agenti di polizia penitenziaria, accusati di tortura, il reato più grave contestato nel procedimento. Il giudice ha così fissato la prima udienza del processo al 28 gennaio 2026.
Tra le persone rinviate a giudizio si trovano anche altre figure legate alla gestione della struttura, come erminia froio, ex comandante della polizia penitenziaria, accusata di omissione di atti d’ufficio. A vario titolo vengono ipotizzati i reati di lesioni e falso per altri soggetti, inclusa la posizione di un medico. Quattro imputati hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato, scelta che consente uno svolgimento più spedito del procedimento.
Le denunce dei detenuti pakistani e il ruolo del garante regionale
Le accuse sono partite dalle denunce di alcuni detenuti di nazionalità pakistana, vittime delle presunte violenze. Queste testimonianze hanno dato avvio all’indagine che ha portato all’individuazione degli imputati e alla formulazione delle accuse. Presenti come parti offese nel processo, i loro racconti rappresentano un elemento cruciale per la ricostruzione degli eventi.
Oltre ai reclusi coinvolti, figura nel procedimento anche il garante regionale dei detenuti, bruno mellano, che ha seguito da vicino la vicenda e svolge attività di tutela dei diritti negli istituti penitenziari. Il suo ruolo di supervisione e segnalazione è stato fondamentale nel portare alla luce le condizioni di trattenimento e i possibili abusi all’interno del carcere di cerialdo.
La presunta spedizione punitiva nella notte tra il 20 e 21 giugno 2023
L’episodio al centro dell’attenzione è una presunta spedizione punitiva avvenuta tra la notte del 20 e del 21 giugno 2023, all’interno della cella 417 del padiglione chiamato “gesso”. Secondo quanto ricostruito dalle accuse, diversi agenti di polizia penitenziaria, alcuni fuori servizio, avrebbero aggredito con pugni e calci alcuni detenuti. La violenta reazione sarebbe stata motivata da una protesta portata avanti da cinque reclusi.
Questa aggressione segna il momento più grave tra gli episodi contestati agli imputati. Ai poliziotti viene contestata una condotta violenta, oltre a quella di altri collaboratori interni alla struttura che avrebbero avuto un ruolo negli eventi. L’indagine coinvolge poi altre presunte violenze avvenute tra ottobre 2021 e aprile 2022, che coprono un arco temporale ampio e delineano una situazione di disagio diffuso tra i detenuti.
Le accuse che pesano sugli indagati: tortura, omissione e falsificazioni
Le accuse principali rivolte agli indagati riguardano reati gravi come la tortura, riservata ai sei agenti. Questo reato implica la somministrazione di trattamenti crudeli o degradanti nei confronti di persone private della libertà personale. Altri, come l’ex comandante froio, rispondono di omissione di atti d’ufficio, ovvero mancato intervento o attesa nell’esercizio delle funzioni.
Tra i capi d’accusa compaiono anche lesioni, contestate per ferite riportate dai detenuti durante le presunte aggressioni. Inoltre, la procura ha ipotizzato falsità per alcune dichiarazioni o documenti legati a quanto accaduto. La combinazione di reati conferma la complessità dell’inchiesta e il lavoro degli inquirenti per ricostruire dinamiche interne alla gestione del carcere con precisione e attenzione ai dettagli.
Gli eventi sotto esame rivelano differenze nelle responsabilità e nei comportamenti dei singoli, da cui si evincono le diverse posizioni nel processo. Il rinvio a giudizio segna un passaggio decisivo per chiarire quanto accaduto e definire profili di responsabilità penale sulla base delle prove raccolte.