La controversa vicenda della stanza dell’ascolto, allestita presso l’ospedale Sant’Anna di Torino, si chiude con la sentenza del Tar del Piemonte che ne ordina la chiusura. La struttura, inaugurata nel luglio 2023 e gestita da un’associazione pro-vita, era stata oggetto di un ricorso presentato da Cgil e dall’associazione femminista ‘Se non ora quando?’. Il tribunale amministrativo ha giudicato illegittima la convenzione tra la Città della Salute di Torino e l’associazione, aprendo un nuovo capitolo nel dibattito sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza in regione.
Il Tar del Piemonte ha accolto il ricorso avanzato da Cgil Torino, Cgil Piemonte e ‘Se non ora quando?’ per via dell’illegittimità della convenzione sottoscritta tra la Città della Salute di Torino e l’associazione movimento pro-vita che gestiva la stanza dell’ascolto. La decisione si basa sulla natura della struttura, percepita come progetto anti-abortista che contrasta con la legge 194 del 1978, normativa fondamentale che tutela il diritto delle donne di interrompere la gravidanza.
I giudici amministrativi hanno ritenuto che la presenza della stanza nell’ospedale pubblico potesse influenzare la scelta libera delle donne, fornendo un tipo di supporto che mira a indirizzarle verso la continuazione della gravidanza, contrastando così il diritto sancito dalla legge. Per questo motivo, la convenzione che autorizzava la presenza di questa struttura è stata giudicata illegittima e revocata.
La sentenza costituisce una precisazione importante sul ruolo delle strutture pubbliche nell’offrire supporto alle donne in gravidanza, ribadendo che questo non deve tradursi in ostacoli al diritto di interrompere la gravidanza, garantito dalla legge nazionale.
L’idea della stanza dell’ascolto nasce nel luglio 2023 con l’obiettivo pubblico di offrire sostegno alle donne che affrontano una gravidanza difficile o non desiderata presso l’ospedale Sant’Anna di Torino. La convenzione è stata firmata tra la Città della Salute e la Federazione Movimento per la vita, associazione di matrice pro-vita che opera nel campo della tutela della vita nascente.
La struttura funzionava come uno spazio dove le donne in gravidanza potevano ricevere aiuto e ascolto con l’intento dichiarato di «superare le cause che potrebbero indurre all’interruzione della gravidanza». Questo approccio ha suscitato subito forti reazioni da parte di gruppi femministi e sindacali, che hanno visto nella stanza un tentativo di ostacolare il diritto all’aborto riconosciuto dalla legge 194.
Gli oppositori hanno sostenuto che la presenza di un’organizzazione pro-vita all’interno di una struttura ospedaliera pubblica rappresenta un conflitto con i servizi sanitari regolati dalla normativa, creando un ambiente che potrebbe mettere in difficoltà la libertà di scelta delle pazienti.
La sentenza è stata accolta con soddisfazione da Cgil Torino, Cgil Piemonte e dall’associazione ‘Se non ora quando?’, che da subito hanno seguito la battaglia legale e politica contro la stanza dell’ascolto. Le rappresentanti di queste organizzazioni hanno sottolineato come la sentenza difenda il diritto delle donne di decidere liberamente e senza condizionamenti esterni.
Elena Ferro, segretaria generale della Cgil Torino, Anna Poggio segretaria della Cgil Piemonte e Laura Onofri, presidente di ‘Se non ora quando?’ Torino, hanno espresso il loro ringraziamento agli avvocati che hanno curato il ricorso, evidenziando il lavoro svolto con professionalità.
Il pronunciamento del Tar rappresenta anche un momento di conferma di come la legge 194 resti un punto di riferimento imprescindibile per l’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza in Piemonte e in tutta Italia.
Il caso della stanza dell’ascolto si inserisce in un contesto regionale dove il confronto sul diritto all’aborto è ancora molto acceso. A Torino e nel Piemonte questa vicenda ha acceso un dibattito su come bilanciare il sostegno alle donne in gravidanza con il rispetto della legge che garantisce la libertà di scelta.
La sospensione della stanza dell’ascolto lascia aperti interrogativi sul ruolo che le istituzioni pubbliche dovranno assumere nel fornire aiuto a chi affronta una gravidanza complessa, cercando di evitare pressioni o condizionamenti.
Le norme regionali e le decisioni giudiziarie sembrano indicare la necessità di mantenere chiari confini tra sostegno e condizionamento, per tutelare la libertà prevista dall’articolo 1 della legge 194. Seguiremo l’evoluzione di questa vicenda nelle prossime settimane, eventuali iniziative di ripristino o nuove modalità di assistenza che rispetteranno quanto stabilito dal tribunale.