La commissione europea ha presentato una modifica alla legge sul clima dell’Unione, confermando l’obiettivo di una riduzione del 90% delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2040 rispetto al 1990. Questa proposta introduce strumenti di flessibilità per agevolare i paesi membri nel raggiungere i target, come l’uso limitato di crediti internazionali e assorbimenti di carbonio nel sistema di scambio delle quote di emissione. In vista della futura conferenza sul clima COP30 a novembre 2025, l’UE deve aggiornare il proprio contributo nazionale e apre la possibilità di rinviare la definizione del nuovo target al 2035.
La modifica della legge sul clima dell’ue e gli obiettivi al 2040
La legge europea in materia climatica aveva già definito l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni entro il 2030, fissando di presentare un nuovo traguardo intermedio per il 2040. La recente proposta conferma una riduzione delle emissioni nette di almeno il 90% entro quella data. La novità principale consiste in una maggiore flessibilità che permette un approccio combinato, affrontando settori diversi con tempistiche e strumenti differenziati. La strategia prevede l’uso di crediti internazionali di alta qualità, consentendone l’applicazione a partire dal 2036 ma in modo limitato. È previsto anche l’uso di assorbimenti permanenti nazionali integrati nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE , uno strumento centrale per la regolamentazione del mercato del carbonio nel blocco comunitario. Questo sistema permette ai paesi di spostare parte degli sforzi tra settori e metodi diversi, senza necessariamente ridurre subito le emissioni in modo uniforme.
Flessibilità e neutralità climatica
La proposta nasce dopo mesi di dibattito e ritardi, con l’intento di mantenere l’UE sulla strada della neutralità climatica prevista per il 2050. L’inclusione di meccanismi di compensazione, soprattutto spostando parte degli oneri verso progetti realizzati all’estero, segna una svolta rispetto agli obiettivi iniziali più stringenti. La Commissione motiva tale flessibilità come necessaria per affrontare le difficoltà di decarbonizzazione. Al contempo, l’Unione deve presentare un aggiornamento del contributo nazionale sotto l’Accordo di Parigi, con una scadenza in vista alla COP30 organizzata a Belém, Brasile.
Uso di crediti internazionali e assorbimenti nel sistema eu ets
Tra le novità più rilevanti della proposta c’è l’uso dei crediti internazionali. Questi permettono ai singoli stati membri di conteggiare riduzioni di emissioni ottenute attraverso investimenti o progetti in paesi terzi, molto spesso in economie emergenti o a basso reddito, nella quota complessiva che portano a Bruxelles. Si tratta di finanziamenti per progetti climatici esteri che, di fatto, possono sostituire riduzioni di emissioni domestiche. Questo meccanismo apre la porta a critiche sulla trasparenza e attendibilità dei risultati raggiunti, esponendo a rischi di frodi o conteggi poco rigorosi.
Assorbimenti permanenti e sfide
Parallelamente, la proposta inserisce l’uso di assorbimenti permanenti nazionali, vale a dire attività in grado di rimuovere carbonio dall’atmosfera e immagazzinarlo a lungo termine, come il riforestamento o pratiche agricole specifiche. Questi assorbimenti potranno essere utilizzati all’interno del sistema EU ETS, modulando i vincoli e lasciando più libertà ai paesi di bilanciare emissioni e rimozioni. Restano tuttavia dubbi sull’efficacia reale e sulla differenza tra riduzione effettiva e compensazione, poiché la quota di emissioni che può essere compensata non significa sempre un abbassamento concreto della CO2 emessa.
Inoltre, la maggiore flessibilità per settori specifici come l’agricoltura e i trasporti può tradursi in un rinvio degli interventi riducendo la pressione sui comparti più difficili, dove i progressi finora sono stati limitati. Questo avvicina la legislazione a una progressione basata su obiettivi netti invece che su tagli diretti, con impatti meno immediati sull’ambiente.
Reazioni e critiche da parte delle ong ambientaliste
Le organizzazioni non governative ambientali hanno espresso molte riserve sulla proposta. L’ufficio europeo dell’ambiente , che raggruppa numerose ONG, denuncia il rischio di delegare altrove la responsabilità delle emissioni, con la conseguenza di un potenziale frazionamento della responsabilità e un’imprecisione nei dati di riduzione. Mathieu Mal, responsabile clima e agricoltura per l’EEB, ha rimarcato che “il tempo per agire è limitato e le cosiddette flessibilità rischiano di diventare scappatoie per ritardare interventi necessari.”
Dal loro punto di vista, contare sugli assorbimenti e sulle compensazioni estere sottrae attenzione alle riduzioni dirette, più utili e urgenti. Le ONG chiedono di mantenere obiettivi più stringenti e trasparenti, senza quota di ambiguità tra emissioni effettive e compensazioni. Allo stesso tempo invitano il Parlamento europeo e i governi a rafforzare le misure per tutti i settori, specialmente quelli più in ritardo come agricoltura e trasporti, puntando a tagli reali piuttosto che a ricalcolare l’obiettivo netto.
Richiesta di chiarezza e trasparenza
Il giudizio critico di queste realtà si concentra sulla necessità di un approccio chiaro, evitando strumenti contabili che possano dare una falsa impressione di progresso senza un impatto tangibile sul clima. Il dibattito politico sul testo continuerà nelle prossime settimane, con il rischio di ulteriori modifiche e pressioni contrastanti tra paesi più attivi nella lotta climatica e stati finora meno impegnati.
Articolazione del percorso europeo verso la decarbonizzazione entro il 2050
La legge sul clima dell’UE segna un tentativo di bilanciare obiettivi ambiziosi con la realtà economica e politica dei paesi membri. Mantenere la riduzione netta del 90% entro il 2040 rappresenta un traguardo significativo lungo la strada verso una completa decarbonizzazione fissata entro il 2050. Ma la forma in cui questi target verranno raggiunti pone molte incognite.
Il ricorso a strumenti di compensazione o flessibilità potrebbero rallentare gli sforzi diretti e spostare la ricaduta ambientale oltre i confini europei. La discussione in corso evidenzia tensioni tra la volontà politica di mantenere i risultati sulla carta e la necessità di azioni concrete e verificabili sul territorio. La preparazione per la COP30 richiede un aggiornamento del contributo nazionale europeo che rifletta queste scelte e renda conto all’ONU.
Bruxelles lavora con la presidenza del Consiglio per definire un NDC europeo aggiornato, anche se si verifica un rinvio in parte della sua scadenza. Si dovrà capire se questa mossa consente maggior dilazione o un tempo utile per migliorare gli impegni. L’esito politico della discussione sulla legge sul clima influenzerà le politiche ambientali e la reputazione dell’UE sul piano internazionale nei prossimi anni, in un momento cruciale per la lotta globale al riscaldamento.