Il cardinale Angelo Becciu, al centro di un processo vaticano per la gestione di fondi riservati investiti in immobili a Londra, ha rivolto le sue accuse all’italiana Francesca Immacolata Chaouqui. Ha trasmesso un esposto alla procura di Roma dove ipotizza reati di truffa ed estorsione. L’accusa denuncia un presunto complotto per pilotare l’inchiesta e influenzarne l’esito, coinvolgendo anche altre figure al centro dello scandalo finanziario che ha coinvolto la Santa Sede.
La condanna in primo grado e il contesto dell’inchiesta vaticana
Il tribunale vaticano ha sentenziato in primo grado la condanna di Angelo Becciu per le operazioni finanziarie legate ai fondi riservati, investiti in immobili nel mercato londinese. A seguito di questa sentenza, è emersa una polemica più ampia riguardante la gestione interna delle indagini e il ruolo di alcuni protagonisti chiave, primo tra tutti Francesca Immacolata Chaouqui. Chaouqui ha lavorato come consulente nell’ambito delle indagini vaticane e figura come una delle accusatrici principali contro Becciu.
All’origine del caso vi sono operazioni finanziarie complesse, portate avanti con fondi provenienti dalla Segreteria di Stato della Santa Sede. Becciu e altri imputati sono stati condannati alla base delle accuse di cattiva gestione e appropriazione indebita di denaro destinato alla Chiesa. La sentenza ha scatenato reazioni e iniziative legali parallele, come l’esposto recentemente depositato a Roma dal cardinale Becciu e altri imputati coinvolti.
Le accuse nell’esposto presentato a roma e la presunta manipolazione dell’inchiesta
Nell’esposto inviato alla procura di Roma, Becciu denuncia come Francesca Chaouqui avrebbe orchestrato un piano illecito per pilotare l’inchiesta a favore della condanna del cardinale. L’atto sostiene che Chaouqui si sarebbe finta magistrato vicino al promotore di giustizia vaticano, per influenzare direttamente alcune testimonianze chiave. Tra queste, un ruolo centrale avrebbe avuto monsignor Alberto Perlasca, principale testimone dell’accusa.
Secondo il documento, l’intera operazione si sarebbe svolta in Italia, al di fuori dal procedimento ufficiale del tribunale vaticano. Chaouqui avrebbe agito tramite un’altra donna, Genoveffa Ciferri, interlocutrice e amica di Perlasca. Le chat WhatsApp acquisite, oltre trecento pagine di scambi di messaggi, proverebbero il tentativo di convincere o manipolare il testimone fondamentale, inducendolo a cambiare versione dei fatti durante il processo.
Altri protagonisti coinvolti e il valore delle prove raccolte
Tra i firmatari dell’esposto figurano, insieme a Becciu, altri imputati condannati nel processo, come Enrico Crasso e Fabrizio Tirabassi. Crasso, ex gestore finanziario della Segreteria di Stato, è finito sotto accusa assieme a Tirabassi per la gestione delle operazioni immobiliari londinesi. In un documento parallelo, è coinvolto anche il finanziere Raffaele Mincione, legato a investimenti del Vaticano, che ha fornito una mole consistente di prove difensive.
Il fascicolo presentato alla procura di Roma contiene messaggi WhatsApp ottenuti dalla difesa di Mincione per un procedimento alle Nazioni Unite. Questi messaggi hanno mostrato conversazioni tra Chaouqui e Ciferri, che confermerebbero la volontà di orientare la testimonianza di Perlasca. Le prove sono ora al vaglio degli inquirenti italiani, chiamati a verificare le accuse di truffa e estorsione mosse dal cardinale e dai suoi collaboratori.
Le implicazioni del caso sulle indagini e sul sistema giudiziario vaticano
Il caso Becciu riporta al centro del dibattito la trasparenza e l’efficacia del sistema giudiziario della Santa Sede. L’ipotesi di manipolazione di indagini pregresse risveglia l’attenzione su eventuali interferenze esterne nel funzionamento della magistratura ecclesiastica. Le denunce contenute nell’esposto a Roma lanciano un’ombra sulle modalità di conduzione dell’inchiesta che ha portato alle condanne per la gestione dei fondi riservati.
Le autorità italiane adesso devono valutare le contestazioni a Chaouqui e le presunte pressioni esercitate su Perlasca, tentando di comprendere se vi siano elementi concreti a sostegno dell’ipotesi di estorsione o truffa. Le ripercussioni politiche e istituzionali di questa vicenda coinvolgono anche la Segreteria di Stato e altri uffici vaticani, già scossi da scandali finanziari negli anni passati.
L’esito delle indagini italiane potrebbe alimentare ulteriori sviluppi anche nel giudizio ecclesiastico, modificando il quadro delle accuse e difese in corso. Restano molte le incognite sul percorso processuale, mentre gli attori coinvolti cercano di consolidare la propria posizione attraverso denunce incrociate.