La striscia di Gaza continua a vivere giorni difficili, tra conflitti militari, tensioni interne e una crisi umanitaria che si aggrava. Le voci degli abitanti si fanno sentire, molte volte contro il gruppo al potere, mentre la vita quotidiana resta dominata da privazioni e paura. Con l’accesso dei giornalisti quasi del tutto bloccato da Israele, i social diventano lo specchio della realtà nel territorio.
La protesta dei gazawi contro il messaggio di hamas
Negli ultimi giorni è emersa una protesta marcata fra la popolazione a Gaza contro un video diffuso da Hamas. Nel filmato, il movimento parlava di un destino condiviso tra miliziani e civili, usando slogan come “Voi siete parte di noi e noi lo siamo di voi”. Molti abitanti hanno risposto online con messaggi che ribaltano questa affermazione. I post raggiungono centinaia di commenti dove si legge chiaramente: “Voi non siete noi e noi non siamo voi”.
L’episodio ha spinto il canale Al-Jazeera a rimuovere il video e i commenti associati, contravvenendo alla sua abitudine di rilanciare tutte le iniziative di Hamas. La rabbia nasce dal senso di tradimento percepito dalla popolazione, che si sente sfruttata e soppressa invece che protetta. Questi dissensi nascono in un clima di repressione crescente da parte del gruppo islamista, che mantiene il controllo nel territorio dal 2007.
Il ruolo dei social come finestra sulla realtà di gaza
Con gli ingressi bloccati dai controlli militari israeliani, il mondo esterno ha perso l’accesso diretto alla striscia di Gaza. Per questo, gli abitanti usano i social network come unico mezzo per raccontare la loro condizione. Video e foto postati mostrano lunghe code al sole per ricevere pacchi di assistenza, scene di miliziani armati che controllano gli aiuti, e spaccati di vita quotidiana che mettono in luce una realtà complessa.
Dall’altra parte, piattaforme come Instagram o TikTok mostrano anche immagini curate di ristoranti aperti, con menù variegati e presentazioni ricercate. La contraddizione tra abbondanza e miseria è forte e racconta la divisione sociale presente. Questa doppia faccia alimenta ulteriormente le frustrazioni tra chi lotta per sopravvivere e chi sembra avere accesso a risorse meglio distribuite o gestite.
Testimonianze di chi sfida hamas dall’interno
Moumen al-Natour è un giovane avvocato nato e cresciuto a Gaza che ha dato voce all’opposizione interna a Hamas. Lui, prigioniero politico fino a pochi mesi fa, si è fatto conoscere con interviste a testate internazionali, denunciando la repressione ferrea nel territorio. Racconta di aver subito torture e di aver perso amici per mano dei miliziani negli ultimi mesi.
Moumen rivolge la sua critica anche alle manifestazioni all’estero, definite “assurde” perché chiedono l’ingresso di aiuti senza mettere in discussione la responsabilità di Hamas nella crisi. Il ragazzo dice che solo un’alternativa civile al governo islamista potrà segnare una vera svolta per la popolazione, offrendo possibilità di pace, lavoro e libertà.
Le difficoltà quotidiane e il mercato nero degli aiuti umanitari
Le condizioni materiali di gran parte dei gazawi restano pesanti. La maggioranza fa fatica ad accedere a beni essenziali e si trova a dover affrontare prezzi altissimi, impossibili da sostenere con le risorse attuali. Video online mostrano uomini che comprano grandi quantità di farina destinata agli sfollati, per poi rivenderla a prezzi maggiorati.
Anche spese come la sepoltura di un familiare sono ormai gravose: circa 700 shekel, equivalenti a più di 170 euro, una cifra fuori portata per tanti. Chi ha contatti all’interno delle milizie o risorse economiche può vivere con meno difficoltà, mentre la parte più ampia della popolazione sopravvive con le briciole. Questo scenario alimenta ulteriormente il malcontento e il dissenso rispetto all’attuale situazione.
Le tensioni a Gaza non accennano a diminuire. Tra crisi economica e repressione, gli abitanti continuano a far sentire la loro voce, spesso lontano dalle cronache ufficiali ma non meno urgente. La complessa realtà della striscia resta in bilico, sospesa tra speranze di cambiamento e continui ostacoli.