
Nel carcere di Bancali, a Sassari, un detenuto ha nascosto della frutta messa a macerare per produrre alcol artigianale, insieme a bastoni e altri oggetti vietati. L’episodio è emerso durante una ispezione della polizia penitenziaria che ha portato al sequestro del materiale proibito. La situazione è degenerata quando il reo ha aggredito gli agenti con calci e una lametta nascosta in bocca, causando il trasferimento in ospedale di un poliziotto per accertamenti.
Aggressione ai poliziotti e conseguenze sanitarie
Al momento di sequestrare la frutta fermentata e gli oggetti sottoposti a sequestro, il detenuto ha opposto una resistenza violenta. Secondo la testimonianza di Antonio Cannas, delegato regionale del Sappe, “il reo ha cominciato a tirare calci agli agenti e ha estratto una lametta che aveva nascosto in bocca.” La situazione è diventata pericolosa; gli uomini della polizia penitenziaria hanno subito una aggressione fisica che ha portato al ferimento di uno di loro, ricoverato in ospedale per accertamenti.
L’episodio mette in luce quanto siano frequenti e gravi gli attacchi rivolti contro il personale all’interno del carcere, soprattutto da parte di detenuti che fanno uso di strumenti nascosti e impropri. L’aggressione ha evidenziato un clima di tensione costante e la difficoltà di mantenere la sicurezza senza l’ausilio di strumenti adeguati di difesa, aggravata dalla presenza di persone con problemi psichiatrici o con precedenti penali complessi.
Scoperta del materiale vietato nel reparto isolamento di bancali
Durante controlli ordinari nella sezione del reparto isolamento del carcere di Bancali, la polizia penitenziaria ha individuato un tentativo di produzione clandestina di alcol all’interno della cella di un detenuto. La frutta nascosta stava macerando, presumibilmente per fermentare e generare bevande alcoliche vietate all’interno della struttura. Oltre alla frutta, gli agenti hanno rinvenuto bastoni e altri strumenti proibiti che potevano essere usati per commettere atti violenti o intimidatori.
Questa scoperta è particolarmente rischiosa perché conferma che tali materiali continuano a circolare all’interno del carcere, nonostante le misure di sicurezza in vigore. La presenza di oggetti contundenti e di sostanze autoprodotte rischia di alimentare tensioni e incidenti fra detenuti e con il personale di sorveglianza. L’ispezione ha quindi evitato il possibile aggravarsi della situazione, ma ha evidenziato la difficoltà nel tenere sotto controllo ogni cella, soprattutto in ambienti complessi come quello di Bancali.
Sindacato sappe e la richiesta di armi non letali
Il sindacato autonomo polizia penitenziaria ha alzato la voce dopo l’aggressione denunciata a Bancali. Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha chiesto con forza di dotare la polizia penitenziaria di armi non letali per proteggersi da questo tipo di violenze. Il personale in servizio si trova spesso a dover fronteggiare detenuti senza rispetto delle regole, con rischi costanti per la propria incolumità .
Capece ha sottolineato che gli agenti sopportano ritmi di lavoro pesanti, accompagnati da continue aggressioni fisiche, logorando il loro stato fisico e mentale. La gestione della presenza di detenuti stranieri e di persone con disturbi psichici resta critica e ancora priva di soluzioni efficaci. “Nonostante la conoscenza di queste problematiche, le autorità competenti non hanno adottato misure adeguate per tutelare il personale e assicurare un controllo più rigoroso all’interno del carcere.”
La situazione descritta pone la necessità di interventi concreti, volti a garantire la sicurezza degli agenti e un ambiente più sicuro sia per chi lavora sia per chi è ristretto in carcere. L’assenza di armi meno invasive e strategie adatte rende la polizia penitenziaria vulnerabile, alimentando il rischio di ulteriori episodi violenti come quello accaduto a Sassari.