
La produzione di olio d’oliva in Italia registra una significativa contrazione nel 2024-2025, con un calo vicino al 25% rispetto all’anno precedente. Le difficoltà derivano da eventi climatici avversi, tensioni geopolitiche e ostacoli commerciali come i dazi statunitensi. Nonostante questi fattori, il settore mantiene una certa tenuta, grazie all’esperienza e alle competenze consolidate delle aziende italiane. Una strategia comune sulla filiera e maggiori controlli diventano però necessari per proteggere il valore del prodotto.
Il calo della produzione olivicola: cause e numeri
L’annata 2024-2025 conferma le previsioni di una stagione complessa per la produzione di olio d’oliva in Italia. Sono molteplici le cause dietro questa riduzione: la crisi climatica ha portato cambiamenti nelle condizioni di coltivazione, con periodi di siccità alternati a eventi improvvisi come grandinate che hanno compromesso raccolti e qualità delle olive. Al contempo, le tensioni internazionali, in particolare i dazi imposti dagli Stati Uniti, penalizzano l’export italiano, influenzando prezzi e domanda sul mercato globale.
Dati e impatti sulla produzione
Secondo i dati raccolti dall’Unione Europea, il volume d’olio prodotto in Italia ha subito un calo vicino al 25 per cento rispetto alla campagna precedente. Altri Paesi membri dell’UE mostrano invece una variazione meno marcata, evidenziando come le condizioni italiane siano particolarmente sfavorevoli quest’anno. La diminuzione non sorprende gli operatori del settore, già avvertiti da segnalazioni meteorologiche e dagli scenari economici internazionali. Ma anche questo dato riflette una complessità più ampia, che coinvolge aspetti ambientali e geopolitici.
I dazi statunitensi, in vigore ormai da qualche anno, continuano ad influenzare la competitività dell’olio italiano oltreoceano, riducendo la possibilità di espandere il mercato o mantenere pienamente i livelli di vendita. L’effetto si ripercuote nelle quotazioni, creando un circolo negativo che pesa soprattutto sulle imprese di dimensioni medio-piccole.
Il valore e il consumo dell’olio extra vergine nonostante la crisi
Malgrado la flessione nei volumi prodotti, l’olio extra vergine d’oliva resta protagonista nelle scelte alimentari degli italiani. Il consumo interno rimane stabile, soprattutto nel canale retail, dove il prodotto mantiene una posizione di privilegio grazie al suo ruolo nella dieta mediterranea e nel mercato gastronomico. Non a caso, molte aziende hanno puntato sul blending, cioè l’arte di mescolare differenti cultivar di olive per ottenere un olio con caratteristiche sensoriali ben precise e riconoscibili. Questa pratica consente di superare le debolezze stagionali dovute a raccolti variabili e mantenere una certa continuità qualitativa.
Le parole di anna cane
Anna Cane, presidente del gruppo olio d’oliva di Assitol, ha evidenziato come il know-how italiano garantisca una risposta concreta alle difficoltà attuali. L’Italia rappresenta il primato mondiale nella conoscenza applicata all’olio extra vergine, frutto di decenni di esperienza e specializzazione del comparto. Questa profonda competenza non riguarda solo la produzione, ma anche processi di trasformazione e commercializzazione, aspetti essenziali per mantenere la reputazione del made in Italy.
Questo legame tra qualità e tradizione aiuta a preservare il valore del prodotto nonostante i tempi difficili. Le imprese italiane, anche in un clima instabile, continuano a investire in tecnologie di raccolta più mirate e in pratiche agronomiche che riducono il rischio di perdita di prodotto, confermando l’attenzione verso la sostenibilità della produzione.
Il sistema sian e il controllo dell’autenticità dell’olio
Sul fronte della tutela, il sistema informativo agricolo nazionale gioca un ruolo cruciale nel monitoraggio della filiera olivicola italiana. Questo sistema consente di tracciare i flussi in entrata e in uscita, garantendo che l’olio d’oliva commercializzato sia genuino e risponda agli standard qualitativi richiesti. La tracciabilità è un punto chiave per evitare fenomeni di falsificazione o adulterazione, ancora presenti nel mercato.
ASSITOL ha più volte richiesto che il modello SIAN diventi uno standard in tutta Europa per ampliare i controlli e potenziare la sicurezza del prodotto, anche oltre i confini comunitari. L’obiettivo è fermare il mercato di prodotti non conformi e difendere i consumatori. La presenza di questo meccanismo contribuisce a mantenere alto il livello di fiducia verso l’olio italiano, che resta uno dei più controllati insieme al vino e ai prodotti Dop/IGP.
Controlli e verifiche nel 2024
Nel 2024, il report proveniente dall’ICQRF del Ministero dell’Agricoltura segnala che il comparto olivicolo è tra i settori con il maggior numero di verifiche a livello nazionale. Questi controlli hanno permesso di ridurre casi di frode e assicurare un sistema più trasparente e affidabile per produttori e consumatori.
La strategia della filiera per salvaguardare il valore dell’olio italiano
La produzione d’olio d’oliva coinvolge numerosi attori, dalla coltivazione all’imbottigliamento fino alla grande distribuzione. Per affrontare la crisi attuale serve un impegno comune e una strategia che tuteli il valore reale del prodotto, assicurando remunerazioni giuste a tutti gli anelli della catena.
Il contrasto alla vendita sottocosto rappresenta uno dei grandi temi sollevati da Assitol. Promozioni e ribassi eccessivi svalutano il lavoro delle imprese agricole e dei trasformatori, mettendo a rischio la qualità finale. La riduzione del prezzo danneggia non solo l’immagine dell’olio italiano ma anche la sua sostenibilità economica nel lungo termine.
Le indicazioni di anna cane per il futuro
La presidente Anna Cane sottolinea che solo con una collaborazione trasversale su tutto il territorio nazionale è possibile mantenere alto il profilo del comparto. Oltre a questo, bisogna affrontare i problemi con una visione sistematica, che comprenda l’innovazione tecnologica in campo, le politiche di sostegno e un’attenta gestione commerciale.
Le prospettive future dell’olio italiano passano quindi da una maggiore coesione tra produttori, distributori e istituzioni. Proteggere la reputazione del prodotto significa proteggere tutta la filiera e garantire, al consumatore, un bene autentico e riconosciuto in tutto il mondo.