
Le ondate di calore diventano sempre più frequenti nelle città italiane, con temperature che superano spesso i 35 gradi durante i mesi estivi, mettendo a dura prova la salute e il benessere dei cittadini. In risposta, Bologna ha scelto di aprire quindici rifugi climatici distribuiti tra biblioteche, musei, parchi e centri di quartiere. Questi spazi pubblici offrono un luogo fresco e accessibile a tutti, senza distinzioni sociali o economiche, una scelta che punta a tutelare chi ha meno possibilità di sfuggire al caldo intenso.
Cosa sono e come funzionano i rifugi climatici a bologna
I rifugi climatici sono spazi pubblici attrezzati per fornire sollievo dal caldo estremo. A Bologna, sono stati attivati in punti simbolici come la biblioteca Salaborsa, il museo MAMbo, i Giardini Margherita e altri luoghi di aggregazione cittadina. Si tratta di ambienti dotati di climatizzazione o naturale ombreggiatura, dove le persone possono sostare durante le ore più calde della giornata.
Questa iniziativa va oltre l’emergenza temporanea, assumendo un ruolo di protezione sociale. Non tutti possono infatti permettersi dispositivi di raffreddamento o vivere in abitazioni idonee a contrastare le alte temperature. I rifugi diventano così una risposta concreta, un diritto a cui tutti devono accedere per vivere condizioni climatiche più sicure. La scelta di luoghi pubblici e facilmente individuabili facilita l’utilizzo anche da parte degli anziani o dei soggetti fragili.
Un progetto contro il cambiamento climatico con attenzione sociale
Il progetto di Bologna rispecchia una consapevolezza crescente della necessità di adattare la città ai cambiamenti climatici, con un’attenzione particolare agli aspetti sociali. L’obiettivo è tutelare il benessere collettivo e diminuire gli effetti delle ondate di calore. Questo modello, sperimentato nella città emiliana, potrebbe essere replicato altrove, data l’urgenza con cui si presenta il problema.
Il cambiamento climatico e gli impatti sociali delle ondate di calore
Già nel giugno 2025, le temperature rilevate in Italia si sono spinte ben al di sopra delle medie stagionali, con picchi che hanno raggiunto e superato i 35 gradi in molte zone. I climatologi segnalano come persino le cime alpine stiano subendo incrementi termici anomali: lo zero termico ha sfiorato i 5.300 metri, un record che sottolinea l’entità della trasformazione in corso.
Le città si ritrovano così ad affrontare condizioni climatiche sempre più difficili. Le ondate di calore non sono più eventi isolati ma si inseriscono in una tendenza che modifica l’esperienza urbana, mettendo a rischio la salute pubblica. Chi vive in quartieri poveri o in case senza impianti di climatizzazione si trova in una posizione di svantaggio evidente. Questa condizione viene definita come “povertà da raffreddamento” o summer energy poverty.
Disparità e vulnerabilità nelle aree urbane
Il fenomeno riguarda in particolare le persone con redditi bassi, che spesso abitano in zone urbanizzate poco dotate di giardini o spazi verdi, e che quindi subiscono maggiormente l’“effetto isola di calore”. Lo studio condotto a Madrid dall’Istituto Carlos III ha evidenziato come quartieri più poveri soffrano maggiormente gli impatti delle ondate di caldo, con conseguenze epidemiologiche evidenti.
Questa disparità climatica non è casuale. Chi contribuisce meno alle emissioni di CO2 si ritrova a subire più direttamente le conseguenze negative. Il problema riguarda quindi non solo l’ambiente, ma anche le disuguaglianze sociali ed economiche, con effetti concreti sulla salute di milioni di persone.
Esempi internazionali e italiane di soluzioni per affrontare le ondate di calore
Diverse città nel mondo stanno adottando strategie per attenuare gli effetti delle ondate di calore e migliorare la vivibilità. A New York, sono attivi centinaia di cooling centers, spazi pubblici climatizzati e aperti durante i picchi di temperatura. Oltre alle aperture straordinarie, la città promuove campagne informativa e supporti finanziari mirati alle zone più vulnerabili.
Lione, in Francia, ha creato una mappa interattiva che mostra centinaia di “luoghi freschi” accessibili, come parchi ombreggiati e locali climatizzati. Il servizio permette di pianificare percorsi all’interno della città per evitare l’esposizione prolungata al caldo, aiutando i cittadini a muoversi senza aggravare il rischio termico.
Barcellona ha sviluppato una rete di più di 350 rifugi climatici dal 2019. Sono distribuiti tra centri civici, scuole, musei, mercati, parchi con fontane e altri luoghi pubblici. L’amministrazione locale garantisce che quasi tutta la popolazione possa raggiungere un rifugio in meno di dieci minuti a piedi, con temperature mantenute intorno ai 26 gradi, sedute e acqua fresca a disposizione.
Iniziative italiane contro il caldo estremo
In Italia, oltre a Bologna, anche Torino ha previsto nel suo piano estate 2025 aperture prolungate dei centri d’incontro climatizzati. Milano sta sperimentando l’apertura di biblioteche e centri civici come punti di sosta fresca nei giorni più caldi. Roma offre invece accessi gratuiti alle piscine comunali, accompagnate da trasporti dedicati per persone anziane e a mobilità ridotta.
Questi esempi mettono in evidenza un cambio di approccio: la risposta al caldo diventa un’esigenza sociale prioritaria da affrontare con interventi concreti e accessibili a tutti.
Le prospettive future nella gestione degli spazi urbani sotto il caldo estremo
Il riscaldamento globale sta modificando radicalmente le condizioni di vita in molte aree. Uno studio uscito su Nature sustainability segnala che oggi circa 60 milioni di persone vivono in zone dove la temperatura media annua supera i 29 gradi centigradi, superando la soglia ritenuta compatibile con la vita umana secondo i parametri climatici storici.
Se le emissioni di gas serra non diminuiscono, tra 2 e 3,7 miliardi di persone potrebbero trovarsi nella metà del secolo in aree con temperature incompatibili con la salute e la sicurezza. Questo obbliga le città a rivedere l’organizzazione degli spazi pubblici e ad investire su strutture come i rifugi climatici.
Bologna tra giustizia sociale e adattamento climatico
Bologna indica un percorso possibile, mostrando che la gestione urbana del caldo può rientrare in un quadro di giustizia sociale. Rendere accessibili luoghi freschi e verdi serve non solo a fronteggiare emergenze, ma anche a migliorare l’equità nelle metropoli, dove la qualità della vita non deve dipendere da possibilità economiche. La sfida è quindi costruire città più accoglienti e meno esposte, capaci di tutelare la salute delle persone più fragili nei mesi più caldi.