
Le principali associazioni per i diritti umani hanno visto respinto il loro tentativo legale di fermare la vendita di armi del Regno Unito a israele, coinvolto nel conflitto a gaza. La decisione dell’Alta Corte di Londra rappresenta un momento importante nella discussione sulle forniture militari in corso, con impatti politici e legali significativi. Di seguito i dettagli sulla causa, le motivazioni della sentenza e le reazioni delle parti coinvolte.
Richieste delle associazioni per i diritti umani
Nel 2025, un gruppo di associazioni internazionali e palestinesi ha presentato un ricorso all’Alta Corte di Londra con l’intento di bloccare le forniture di armamenti, in particolare alcune componenti britanniche destinate ai caccia F-35 americani usati da israele nei raid su gaza. Tra le organizzazioni firmatarie figurano Amnesty International, Human Rights Watch, Oxfam e Al-Haq, un gruppo palestinese per i diritti umani.
I ricorrenti si sono rivolti alla giustizia britannica chiedendo di fermare ogni supporto militare che possa contribuire a operazioni che ledono i civili nella striscia di gaza. Il focus principale era sulle componenti prodotte nel Regno Unito, inserite nei velivoli da combattimento, secondo le associazioni a supporto delle campagne militari israeliane.
La richiesta sottolineava la necessità di un intervento governativo guidato da valutazioni di legittimità sul piano internazionale, considerando anche i principi umanitari e i diritti umani che dovrebbero impedire la fornitura di armi a paesi coinvolti in conflitti con accuse gravi di violazioni.
Motivazioni della corte e decisione sulla richiesta
L’Alta Corte ha rigettato la richiesta delle associazioni. Il giudice ha argomentato che il governo di Keir Starmer, in carica dal 2024, non ha violato la legge valutando le consegne di armamenti verso israele. Secondo la sentenza, non sussistono elementi sufficienti per impedire l’export delle componenti britanniche destinate alla produzione e agli aggiornamenti dei caccia F-35.
Il tribunale ha sottolineato che i giudici non sono chiamati a pronunciarsi direttamente sulle politiche militari o sulle strategie di guerra, ma soltanto a verificare il rispetto delle normative vigenti in materia di controllo sulle esportazioni di armi. In questo caso specifico, il procedimento amministrativo adottato dal governo sarebbe risultato pienamente conforme.
La corte ha inoltre valutato che le prove presentate non dimostrano chiaramente un rischio grave e immediato che le armi inviate dal Regno Unito vengano usate in violazioni del diritto internazionale umanitario. Questa mancanza di evidenze ha pesato nella decisione finale che ha respinto la sospensione delle consegne.
Reazioni delle associazioni e prossimi sviluppi
I rappresentanti di Amnesty International, Human Rights Watch, Oxfam e Al-Haq hanno espresso forte delusione per la decisione della corte, sottolineando che la vicenda rimane un caso importante di responsabilità di uno stato nella vendita di strumenti bellici destinati a conflitti dove sono documentate violazioni.
Le organizzazioni hanno annunciato la volontà di proseguire la battaglia giudiziaria, valutando nuove mosse legali a livello internazionale per arginare i flussi di armi verso israeliani. Contestualmente, hanno chiesto una maggiore pressione politica sul governo britannico affinché riconsideri la propria politica di esportazioni militari in aree di conflitto acuto.
Sul piano politico, la decisione della corte pone il governo Starmer al centro di un dibattito acceso, con richieste da parte di gruppi parlamentari e dell’opinione pubblica di maggiore trasparenza e controllo sulle vendite di armamenti. Non è escluso che nuove iniziative legislative o di controllo possano emergere nei prossimi mesi in parlamento.
Contesto internazionale e ruolo del Regno Unito
Il conflitto a gaza prosegue da mesi con un impatto devastante su civili e infrastrutture. Israele utilizza una gamma di tecnologie avanzate, tra cui i caccia F-35, per condurre operazioni militari contro gruppi palestinesi. I fornitori internazionali, compreso il Regno Unito, mantengono ruoli chiave nella catena di approvvigionamento degli armamenti.
Il ruolo britannico è particolarmente rilevante per la produzione di alcune componenti essenziali ai caccia statunitensi. L’industria della difesa nel Regno Unito si occupa della fabbricazione e dell’assemblaggio di parti che poi partecipano alle operazioni militari israeliane.
La discussione sulle esportazioni è molto sensibile perché tocca questioni di diritto internazionale, responsabilità politica e umanitaria. Molti paesi hanno normative che limitano o vietano la vendita di armi in scenari di conflitti dove si rischiano crimini di guerra o danni gravi alla popolazione civile.
Nel Regno Unito, i controlli sulle esportazioni di materiale militare sono affidati a diversi ministeri e agenzie. Questi devono valutare se la vendita rischi di essere utilizzata per scopi contrari agli accordi internazionali o alle norme sui diritti umani. Tuttavia, come evidenziato dalla sentenza, la linea tra legalità e responsabilità politica non sempre è netta e genera controversie legali e morali di grande rilievo.