
L’epoca dell’occupazione della canonica di Vicofaro, a Pistoia, volge al termine dopo quasi dieci anni di presenza di migranti in condizioni di emergenza. Il trasferimento di oltre cento persone ha segnato la fine di un’esperienza contestata, scatenata da problemi igienico-sanitari che hanno portato il Comune a disporre l’ordinanza di sgombero. Le autorità locali, insieme alla diocesi e alla Caritas, hanno trovato soluzioni abitative più adatte per chi era ospitato nella parrocchia, dando avvio a un nuovo capitolo per tanti migranti in difficoltà.
L’ordinanza di sgombero e le ragioni del trasferimento a vicofaro
Il 7 giugno il Comune di Pistoia ha emesso un’ordinanza che ha imposto lo sgombero del centro di accoglienza improvvisato nella canonica di Vicofaro. Le condizioni igienico-sanitarie giudicate troppo gravi hanno motivato l’intervento delle istituzioni locali. Per anni, la parrocchia gestita da don Massimo Biancalani aveva ospitato un gruppo consistente di migranti, ma la gestione dello spazio si era via via complicata, portando alla necessità di una soluzione definitiva.
La revoca della permanenza nella canonica è stata commentata anche dal sottosegretario al Ministero dell’Interno Nicola Molteni, che ha sottolineato come Vicofaro non fosse più luogo di integrazione e inclusione. Nel suo intervento, Molteni ha evidenziato che l’area viene liberata “grazie al trasferimento di tutti i soggetti” che da troppo tempo vivevano in abitabilità “inaccettabili e indegne”. Con questa operazione si apre la strada a un ritorno alla legalità e a una gestione più rispettosa delle regole e della sicurezza pubblica.
Trasferimento discreto e nuove soluzioni abitative
Il trasferimento è avvenuto in maniera discreta, senza clamori mediatici, per non creare tensioni. La diocesi ha collaborato mettendo a disposizione altre strutture ritenute più adatte, sparpagliate tra Pistoia, Quarrata e Larciano. Si tratta di locali come canoniche o spazi della curia, vuoti e idonei a ospitare temporaneamente i migranti, che però potranno continuare i loro percorsi di inserimento sociale e autonomia.
La diocesi e la caritas al fianco dei migranti durante i trasferimenti
La decisione di disfarsi del centro di Vicofaro ha messo in moto la diocesi e la Caritas, che si sono attivate per garantire un passaggio ordinato verso i nuovi alloggi. La Caritas ha coinvolto operatori e volontari per accompagnare le persone nel loro cambio di vita, con un’attenzione particolare ai percorsi di integrazione.
Secondo la diocesi, il trasferimento non segna la fine dell’accoglienza ma una sua riorganizzazione. Le strutture messe a disposizione mantengono condizioni abitabili e ambienti relativamente protetti, che permettono di iniziare o proseguire il cammino verso l’autonomia. Per alcuni migranti questo significa trovare nuovi servizi, assistenza sociale e occasioni di inserimento lavorativo o formativo.
La posizione di don massimo biancalani e vescovo fausto tardelli
Don Massimo Biancalani invece ha reagito sia con un ricorso al Tar che con appelli sui social per frenare l’ordinanza, ma non ha raccolto adesioni o risposte concrete. La posizione del parroco rimane fuori dal coro ufficiale della curia, come ha ribadito nei giorni scorsi anche il vescovo Fausto Tardelli, il quale si è dissociato pubblicamente dall’azione e dalle dichiarazioni di Biancalani.
La gestione degli ultimi ospiti e la sicurezza della canonica
Dopo il trasferimento del grosso gruppo di migranti, nella canonica di Vicofaro sono rimasti solo pochi soggetti fragili, con problemi di dipendenza o salute mentale. La curia ha rivolto un appello a don Biancalani per aiutarli ad accettare il trasferimento in strutture adatte, dove possono ricevere assistenza personalizzata per cure e reinserimento.
Per impedire che altre persone occupino nuovamente la canonica, la diocesi ha chiuso gli accessi ad alcune aree e alle sale parrocchiali, facendo installare pannelli. Questo intervento non blocca l’uso delle cucine e dei bagni, essenziali alla permanenza di chi resta. Le operazioni sono state comunicate anche al parroco, sottolineando come la chiusura riguardi solo aperture non indispensabili.
Misure per evitare nuove occupazioni
Questa decisione mira soprattutto a impedire il ritorno o l’arrivo di nuovi occupanti, fenomeno già verificatosi in passato. Nonostante le limitazioni fisiche, la diocesi garantisce che nessuno verrà lasciato senza sistemazione e che saranno assicurate soluzioni per tutti gli ospiti. Rimane quindi una partita aperta sulla gestione degli ultimi migranti rimasti e sul futuro della struttura, che per anni ha rappresentato un simbolo controverso dell’accoglienza in Toscana.