
L’operazione condotta nel carcere di prato ha svelato un sistema complesso di introduzione illegale di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti. Le indagini, coordinate dalla procura locale, hanno riguardato soprattutto i reparti di alta sicurezza e media sicurezza, abitati in gran parte da detenuti con legami mafiosi. Il blitz ha portato a perquisizioni, oltre che di persone, anche di interi settori della struttura penitenziaria, facendo emergere forme di corruzione che coinvolgono anche agenti della polizia penitenziaria.
Metodi e modalità di introduzione di telefoni e droga dentro il carcere
L’inchiesta ha chiarito come cellulari e droga riuscissero ad entrare dentro il carcere attraverso più canali. Sono stati segnalati oggetti nascosti in plichi dai visitatori durante i colloqui e spedizioni via posta che eludevano i controlli. Parte del personale in servizio, incluso qualche agente di polizia penitenziaria, avrebbe favorito queste operazioni in cambio di compensi economici, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti.
Alcune consegne avvenivano con modalità insolite: da Napoli sono stati lanciati palloni contenenti smartphone oltre il muro di cinta e sono state utilizzate fionde per superare le recinzioni. Gli oggetti venivano poi raccolti all’interno dalla complicità di detenuti o di dipendenti con permessi di movimento più larghi nel carcere.
Modalità ingegnose di occultamento
Le modalità di occultamento all’interno delle celle e degli spazi comuni risultano particolarmente ingegnose. I telefoni venivano nascosti in doppifondi di pentole o frigoriferi, dentro sanitari o buchi nei muri, perfino dentro oggetti di uso quotidiano come tavoli. Non sono mancati casi in cui i dispositivi erano occultati in modi estremi, come nella cavità anale dei detenuti, per evitare controlli a sorpresa.
Risultati delle perquisizioni e dettagli sui detenuti coinvolti
Le operazioni hanno riguardato 127 detenuti, con attenzione particolare al reparto di alta sicurezza, dove sono ristretti 111 reclusi. Tra questi ci sono 14 indagati con legami accertati con la criminalità organizzata mafiosa e camorristica. Anche nel reparto di media sicurezza sono stati controllati spazi comuni e circa 16 detenuti, di cui 13 risultano indagati.
La procura sospetta che oltre ai 27 indagati fra i detenuti, altri prigionieri abbiano usufruito di telefoni e droga in maniera illecita. Alcune delle persone coinvolte godono di una libertà di movimento che supera i normali limiti imposti dal regime detentivo dell’alta sicurezza, nonostante i reati gravi a loro contestati.
Nell’ambito della stessa indagine tre agenti penitenziari, con un’età compresa tra i 29 e i 32 anni, sono stati iscritti nel registro degli indagati per corruzione. Altre perquisizioni sono state eseguite nel territorio italiano nelle province di prato, napoli, arezzo, roma, firenze e pistoia. È stato accertato che alcune schede telefoniche sequestrate erano intestate a nomi fittizi, impiegati in negozi di telefonia a roma e napoli.
Quadro operativo e forza schierata durante l’intervento
Per gestire l’intervento nel carcere di prato, durante le perquisizioni sono stati disposti 60 poliziotti in assetto antisommossa. La presenza significativa degli agenti è stata necessaria per contenere eventuali reazioni da parte dei detenuti, dato l’elevato numero di soggetti coinvolti in attività illecite all’interno dei reparti.
L’indagine è partita nel luglio 2024 e nel corso di questi mesi ha consentito di sequestrare 34 telefoni cellulari e due schede sim. I risultati hanno confermato la presenza di un sistema ben organizzato per aggirare i controlli e mettere a disposizione dei detenuti dispositivi vietati.
L’attenzione ora si concentra sugli sviluppi dell’indagine sia sulle responsabilità interne che esteriori al penitenziario. La procura mantiene aperta la verifica sul ruolo di personale e terzi complici, inserendo il caso tra quelli di maggiore rilievo nella lotta contro la penetrazione illegale di strumenti di comunicazione e droga nelle carceri italiane.