
Le coltivazioni di mais stanno risentendo in modo crescente delle variazioni climatiche degli ultimi decenni, con una tendenza netta alla riduzione delle rese e a una maggiore variabilità produttiva. L’aumento delle temperature soprattutto nelle zone più vulnerabili ha creato difficoltà significative, spingendo a ripensare le tecniche agricole e le strategie di gestione delle colture per prevenire crisi alimentari. Lo studio dei dati raccolti dal 1980 al 2020 aiuta a delineare gli effetti territoriali e a indicare possibili interventi per stabilizzare la produzione globale.
L’impatto del riscaldamento globale sulle rese mondiali di mais
Dal 2000 al 2020 le coltivazioni di mais hanno subito un calo delle rese legato principalmente a stagioni più calde e aride. L’analisi del sistema AMIS registra una diminuzione diffusa e una crescente instabilità, con oscillazioni che compromettono la regolarità dei raccolti annuali. Le temperature elevate spesso accompagnate da lunghi periodi di siccità provocano stress ai raccolti, soprattutto dove mancano tecnologie o metodi avanzati per contrastare queste condizioni.
Le regioni che non dispongono di sistemi agricoli sviluppati subiscono conseguenze più pesanti. Il riscaldamento accentua l’imprevedibilità delle produzioni, ostacolando la pianificazione degli agricoltori. Di fronte a questi scenari, diventa urgente individuare misure che permettano di cavarsela, salvaguardando le colture di mais che rappresentano una fonte alimentare fondamentale in molte aree del pianeta.
Variabilità e instabilità delle produzioni: dove il caldo colpisce di più
Esaminare le oscillazioni annue delle rese rivela le zone a rischio più elevato. Nell’Europa orientale, India e Africa meridionale le variazioni superano il 20%, indicando una produzione meno prevedibile e più soggetta ai capricci del clima. Regioni come l’Europa occidentale e il Sudamerica mostrano fluttuazioni inferiori, attorno al 15%, mentre Cina e Stati Uniti mantengono una stabilità migliore con variazioni vicine al 10%.
Il monitoraggio della variabilità mette in evidenza come il cambiamento della temperatura e l’aridità si traducano in danni specifici per quei territori dove il clima è diventato meno favorevole negli ultimi decenni. Sapere dove si concentrano i problemi è fondamentale per orientare le risorse e gli interventi tecnici con maggior precisione.
Il clima come fattore decisivo nelle rendite agricole di mais
La produzione di mais dipende da molti aspetti ma il clima emerge come la variabile preponderante che influenza le quantità raccolte. Negli ultimi trent’anni in Argentina, Brasile ed Europa si sono registrate ondate di caldo e siccità che hanno intaccato la produzione, non a caso queste aree sono responsabili di oltre il 20% del raccolto globale.
Al contrario in Cina e Stati Uniti, che assieme producono più della metà del mais mondiale, l’aumento delle temperature non si è accompagnato a una riduzione delle riserve idriche, perciò le perdite si sono mantenute più basse. Queste differenze climatiche spiegano la disparità nella resa fra le diverse regioni e indicano dove gli sforzi devono concentrarsi per evitare crisi alimentari.
Siccità nei climi umidi: effetti amplificati sulle colture di mais
Nei territori dove normalmente il clima è più umido, come alcune zone di Europa orientale, l’impatto delle temperature elevate assume caratteristiche particolari. Negli anni con acqua sufficiente le coltivazioni reggono meglio al caldo, ma in caso di siccità gli effetti negativi crescono, di molto, con aumenti marcati dell’instabilità produttiva.
Il peggioramento registrato dal 2000 al 2020 in Europa, America Latina e Nord America, con una variabilità delle rese che è cresciuta del 50%, riflette il peso crescente del cambiamento climatico anche in ambienti meno tradizionalmente vulnerabili. Al contrario in Asia la variabilità si è mantenuta più contenuta, una differenza che testimonia la complessità degli impatti sul pianeta.
Investire in strategie per rendere il mais meno vulnerabile al clima
L’aumento delle oscillazioni produttive degli ultimi 25 anni ha riguardato in modo trasversale quasi tutte le zone produttrici eccetto l’Africa, che già soffriva per condizioni climatiche sfavorevoli. Il trend delle temperature in rialzo con periodi siccitosi più frequenti richiede un impegno superiore per comprendere e fronteggiare questi fenomeni.
Occorre puntare su interventi concreti come il miglioramento genetico delle varietà di mais, per renderle più resistenti al caldo e alla scarsità di acqua. Allo stesso tempo serve mettere in campo politiche agricole che guardino al lungo termine e sviluppare tecnologie capaci di supportare l’adattamento delle colture. Questi passi sono necessari per stabilizzare la produzione e mantenere sicura una parte importante dell’alimentazione globale, in un contesto climatico difficile.