Nel cuore del Sulcis Iglesiente, una zona della Sardegna segnata dalla storia mineraria e dalla tradizione, si trovano luoghi che raccontano vite, mestieri e paesaggi quasi dimenticati. Tra questi spicca il villaggio normann di Gonnesa, dove una statua di legno rappresenta Bosano, un asino che “vola” portando sette vagoni. Vicino ai resti delle miniere, si scoprono tracce di epoche passate e relitti di comunità legate alla fatica e alla natura, mentre percorsi tra mare e monte conducono a testimonianze archeologiche, musei specializzati e ambienti naturali unici.
Bosano, l’asino che contava i vagoni e il villaggio normann
A Gonnesa, nell’area del villaggio normann, si apre un angolo dove passato e presente si intrecciano tra i pini e i lecci. Qui abitano circa quaranta persone, in case che un tempo ospitavano i tecnici della miniera di San Giovanni. Una mini-comunità che si distingue per le sue origini legate al lavoro minerario ma anche per le comodità del passato, come il cinema all’aperto o il campo da tennis. Nel belvedere del villaggio campeggia una statua realizzata con legno e scarti delle miniere: raffigura Bosano, un asino particolare. Secondo il racconto locale, Bosano riusciva a contare il numero di vagoni prima di iniziare il trasporto, fermandosi a sette. Questo dono insolito salvò l’animale dalla sorte di molti suoi simili, destinati spesso a morire in miniera dopo essere diventati ciechi a causa del buio.
Il significato della statua di bosano
Bosano è stato l’unico a lasciare questo mondo da vecchio, un fatto raro e molto sentito nella memoria degli abitanti. La statua si ispira a quel ricordo: il volto è scolpito da un pezzo di legno portato dal mare, leggermente storto come il muso di un cavallo, mentre un berretto, ottenuto da una tubatura mineraria, richiama l’elmo che proteggeva l’asino nelle gallerie basse. Dietro di lui sono posizionati sette tronchi, simbolo dei vagoni, su cui ci si può sedere davanti allo splendido panorama. Questo luogo, promosso dall’associazione locale, è oggi teatro di eventi culturali e osservazione delle stelle, grazie all’assenza di inquinamento luminoso.
La vita dura tra miniere e tonnare: testimonianze e rivalutazioni
Scendendo dal villaggio verso il mare, si incontra un altro insediamento con una storia intensa: quello dei tonnarotti a Porto Paglia. Il mestiere della tonnara era durissimo, come quello del minatore, e regolato con rigore da un raìs che dirigeva la mattanza dalla barca con il fondo di vetro. In questa zona, la pesca della tonnara ha offerto impiego a intere famiglie, mantenendo una selettività che aiutava l’ambiente marino. Ancora oggi, località come Carloforte continuano questa tradizione. Porto Paglia, un luogo di tranquillità e fascino, ospitava in passato oltre 200 lavoratori. La presenza di frati con il monopolio su formaggi e tabacchi e una cisterna sotterranea per l’acqua dimostra come questa comunità viveva in modo organizzato e autarchico.
Natura e storia lungo i sentieri
Dietro le montagne, la presenza delle miniere ha segnato il territorio con le sue aperture e cave, visibili soltanto a chi conosce la zona. I sentieri costeggiano piante tipiche della macchia mediterranea come l’elicriso sardo, spesso insidiato da specie aliene come il fico degli ottentotti. Questo contrasto tra natura e storia umana rende il paesaggio molto particolare, soprattutto nel percorso verso il complesso nuragico di Seruci, un sito preistorico con oltre duecento capanne. La sua origine risale a un’epoca compresa tra il XIV e il X secolo avanti Cristo.
Il complesso nuragico di seruci e le tracce di una comunità antica
Il sito di Seruci, immerso nelle campagne del Sulcis, offre uno sguardo su un mondo antico ma ancora in parte da svelare. Gli scavi sono in corso, rallentati dalla distruzione e dai saccheggi subiti nel tempo. Durante la seconda guerra mondiale, l’area fu trasformata in postazione antiaerea, nascondendo quelle strutture sotterranee che si stanno ancora riemergendo. Oltre al nuraghe centrale, si possono visitare ambienti come la sala dei capi, utilizzata per riunioni, e un ambiente con vasca e caminetto destinato ai bagni.
Miti e architettura nel nuraghe
Il nuraghe stesso è circondato da leggende locali, compresa quella di Maria Farranca, una creatura dell’isola che, secondo il mito, rapisce i bambini vicino al pozzo. La struttura riflette una comunità che organizzava la vita sociale e i rituali in modo complesso, dimostrando capacità tecniche e civiche. Il fascino degli alberi piegati dal maestrale aggiunge un tocco di mistero a questo angolo remoto ma ricco di storia. I reperti raccolti e la conformazione del sito mostrano la complessità di queste popolazioni che vissero qui più di tremila anni fa.
Il monte arci e il museo dell’ossidiana: la pietra nera della sardegna
Proseguendo il viaggio verso il Monte Arci, la natura offre scorci di pascoli e campi segnati dal caldo estivo. Gli allevamenti di pecore cercano l’ombra degli alberi per difendersi dal sole che già a giugno si fa sentire. Questo territorio mantiene una densità di popolazione ridotta, contribuendo al senso di pace diffuso. La zona è nota per essere ricca di ossidiana, una pietra vetrificata utilizzata dagli insediamenti preistorici ben prima dell’epoca nuragica.
Il museo e la preziosità dell’ossidiana
Il Museo dell’Ossidiana di Pau, unico in Europa per la sua specializzazione, espone questa pietra preziosa e spiega la differenza tra l’ossidiana e il petrolio, chiamato “oro nero”. In Sardegna, l’ossidiana è presente da millenni e ogni pezzo mostra tracce uniche del suo uso, come un’impronta digitale. Grazie alle tecnologie moderne, gli studiosi riescono a ricostruire la funzione di tanti frammenti utilizzati come strumenti o ornamentali. Le antiche officine si trovano lungo un sentiero sul Monte Arci, un tracciato nero che rappresenta una grande eredità archeologica. La legge vieta di prelevare questi materiali senza autorizzazione, per preservare il patrimonio naturale e culturale.
La terra del Sulcis Iglesiente racconta dunque storie di fatica e cura, di passato minerario e pescatori, di comunità antiche e paesaggi profondi, dove il tempo scorre fra miti, natura e memoria condivisa.