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Ristoratore di bologna rischia di perdere il sostegno ricevuto dallo stato dopo le denunce contro la mafia

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Maurizio Di Stefano è un ristoratore di Bologna che ha ripreso la sua vita lavorativa grazie a un sostegno dello Stato destinato alle vittime della mafia. La sua storia riflette le difficoltà che incontrano chi sceglie di sfidare le organizzazioni criminali e i meccanismi complessi dietro i fondi di solidarietà. Dopo anni di lotta e un nuovo progetto imprenditoriale, si trova ora davanti a una controversia legale che mette a rischio il riconoscimento ottenuto.

Dalla libreria di catania al locale di bologna: un percorso segnato dalle minacce

Quindici anni fa Di Stefano gestiva una libreria nel cuore di Catania. Le intimidazioni da parte della mafia non si fecero attendere e, stremato dal racket e dalle continue minacce, decise di chiudere l’attività e lasciare la Sicilia. La sua scelta di denunciare le estorsioni lo ha esposto a gravi rischi personali e familiari, ma era convinto che non fosse più possibile lavorare senza questa crescente pressione. Per ricominciare, scelse Bologna come nuova casa, aprendo locali di cucina tradizionale siciliana. Questa nuova attività poteva partire grazie a un aiuto statale riservato a chi subisce danni economici e pressioni a causa della criminalità organizzata.

Il fondo antiracket e la somma erogata per la nuova impresa

Nel 2017, dopo un’istruttoria approfondita che coinvolse anche la procura di Catania, Di Stefano ricevette circa 150mila euro dal fondo per la solidarietà alle vittime di estorsioni e usura. Questi fondi sono pensati per sostenere nuove imprese o per rilanciare attività danneggiate dalla presenza mafiosa. La somma fu investita nell’apertura di “Liccu”, un locale in via Ranzani a Bologna. La decisione del commissario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura confermò quanto gli fosse stato riconosciuto come vittima di mafia. Da quel momento, Di Stefano ha lavorato con determinazione per mantenere viva l’attività e onorare quel sostegno.

La nuova battaglia legale con l’agenzia delle entrate: la revoca e la cartella esattoriale

Negli ultimi anni è scattata una nuova battaglia giudiziaria per il ristoratore. Gli è stata revocata l’erogazione economica iniziale, con la richiesta di restituzione completa di quei fondi da parte dell’Agenzia delle entrate. Questo avviene perché i procedimenti penali legati alle denunce presentate da Di Stefano hanno avuto un esito parziale. I reati riconosciuti sono quelli di usura aggravata, mentre le accuse relative all’estorsione, primo motivo per cui era stato concesso il sostegno, sono state archiviate. Il tribunale civile di Catania ha respinto il ricorso del ristoratore, ritenendo che la cancellazione delle accuse di estorsione determini la perdita dei requisiti per accedere al fondo antiracket.

Attesa per l’udienza del 2026 e riflessioni sulle vittime della mafia e il sostegno pubblico

Di Stefano ha presentato ricorso contro la cartella esattoriale e l’udienza è fissata per il 2026. La sua vicenda personale mette in luce una questione più ampia sul rapporto tra Stato e cittadini che subiscono danni da parte della criminalità organizzata. La revoca del sostegno economico rappresenta, per chi come lui ha rischiato denunciando, un segnale problematico. Il diritto di chi denuncia di trovare protezione e supporto pubblico sembra, con questa vicenda, indebolito. Resta aperto un dibattito importante sul modo in cui le istituzioni gestiscono la protezione e i diritti delle vittime di mafia.

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