L’Argentina ha appena formalizzato il rinvio a giudizio in contumacia di 10 cittadini iraniani e libanesi collegati all’attacco terroristico alla mutualità ebraica Amia di Buenos Aires, avvenuto il 18 luglio 1994 e costato la vita a 85 persone. Questa decisione arriva dopo varie indagini e grazie a un aggiornamento legislativo che consente di processare sospetti assenti dal territorio nazionale.
Il giudice rafecas conferma il rinvio a giudizio e la nuova legge sul processo in contumacia
Il giudice Daniel Rafecas si è espresso sul caso accogliendo la richiesta del pubblico ministero Sebastian Basso, incaricato di seguire l’unità speciale Amia della procura argentina. Basso aveva avanzato la domanda di rinvio a giudizio ad aprile scorso, sfruttando una recente modifica al codice processuale penale che ha introdotto il cosiddetto “processo in contumacia”. Quella normativa permette di procedere contro imputati che non si presentano in tribunale, una novità decisiva per questa vicenda, visto che i dieci indagati non si sono mai messi a disposizione della giustizia locale in oltre trent’anni. La scelta di Rafecas rappresenta un passo chiave per sbloccare un fascicolo rimasto fermo da decenni a causa dell’assenza dei presunti responsabili.
I nomi dei 10 imputati: figure di spicco dell’iran e membri di hezbollah
Tra gli accusati si trovano alti funzionari del governo iraniano degli anni Novanta. Spiccano nomi come Ahmad Vahidi, ex ministro della Difesa di Teheran, Mohsen Rezai, ex comandante in capo dei Guardiani della rivoluzione, e Ali Akbar Velayati, ex ministro degli Esteri. Questi individui sono ritenuti responsabili della pianificazione dell’attentato, che avrebbe coinvolto anche Hezbollah, gruppo sciita-libanese riconosciuto come organizzazione terroristica da diversi paesi. L’inchiesta li ritiene artefici del disastro, sostenuti da una rete di supporto logistica e operativa attiva soprattutto nella regione nota come Triple Frontera, un’area di confine tra Argentina, Paraguay e Brasile nota per attività clandestine di vario genere.
Il contesto dell’attentato amia e il coinvolgimento iraniano nel sudamerica
Il bombardamento alla sede della mutualità ebraica Amia a Buenos Aires provoca la morte immediata di 85 persone e ferisce centinaia di altri. L’attentato è uno dei più gravi di tutta la storia argentina e ha segnato profondamente la comunità locale e internazionale. Le autorità argentine hanno sempre sostenuto un coinvolgimento diretto del regime iraniano, che avrebbe orchestrato l’attacco come forma di ritorsione politica. Hezbollah avrebbe messo a disposizione la logistica necessaria per attuare l’azione, garantendo anche la presenza di cellule clandestine nella regione compresa tra Argentina, Paraguay e Brasile. Questi territori hanno rappresentato un punto strategico per la rete terrorista, grazie a un controllo debole dei confini e a una possibile copertura delle attività illecite.
La giustizia argentina pronta a procedere nonostante l’assenza degli imputati
Il rinvio a giudizio deciso dal giudice Rafecas apre la strada a un processo che si svolgerà senza la presenza fisica dei dieci accusati, una procedura raramente adottata ma necessaria in casi di latitanza internazionale. In questo modo la procura mira a dare un segnale forte dopo tanti anni di impasse giudiziaria. L’azione legale sottolinea l’impegno argentino nel mantenere viva la memoria delle vittime e nel condurre un procedimento giuridico, in attesa che la comunità internazionale collabori per garantire l’estradizione o almeno la comparizione degli imputati. Ad oggi, nessuno dei dieci ha risposto alle convocazioni né è stato più rintracciato sul territorio argentino o sudamericano.