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Jeffrey Gibson: l’artista nativo che trasformerà il Met con la sua visione unica

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Jeffrey Gibson: l'artista nativo che trasformerà il Met con la sua visione unica
Jeffrey Gibson: l'artista nativo che trasformerà il Met con la sua visione unica
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L’arte contemporanea sta attraversando un periodo di straordinaria evoluzione, e il Metropolitan Museum of Art di New York si distingue come un faro di innovazione. Dopo il successo dell’opera di Kent Monkman, il museo ha scelto di affidare una nuova commissione a Jeffrey Gibson, un artista indigeno che ha dimostrato di avere una visione unica e potente. Questo gesto non solo evidenzia l’impegno del Met nel promuovere voci diverse, ma rappresenta anche un passo significativo verso la valorizzazione della cultura indigena nell’arte contemporanea.

L’opera di Jeffrey Gibson

Jeffrey Gibson, che ha recentemente rappresentato gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia, è noto per la sua capacità di combinare estetiche indigene e queer con riferimenti alla storia americana. La sua arte si caratterizza per una forte carica visiva, invitando il pubblico a riflettere sulle interconnessioni tra culture e realtà diverse. Durante la Biennale, ha presentato un padiglione di grande successo, sottolineando l’importanza di un approccio inclusivo nelle arti visive.

La commissione per il Met, intitolata “The Animal That Therefore I Am”, prevede un ciclo di quattro sculture figurative esposte nelle nicchie della facciata Beaux Arts del museo. Queste opere, visibili dal 12 settembre 2023 al 9 giugno 2026, metteranno in evidenza l’interconnessione tra tutti gli esseri viventi e il loro ambiente, un tema centrale nella pratica artistica di Gibson. L’artista utilizza materiali non convenzionali e combina vari elementi, da pattern decorativi a simboli e testi, per esprimere una visione del mondo in cui umano, animale e paesaggio sono intrinsecamente legati.

La formazione e l’impatto di Gibson

Nato nel 1972 a Colorado Springs e cresciuto tra gli Stati Uniti, la Germania e la Corea, Jeffrey Gibson è un artista BIPOC (Black, Indigenous, and People of Color) e membro ufficiale della Mississippi Band of Choctaw Indians, con antenati Cherokee. La sua formazione multiculturale ha profondamente influenzato il suo lavoro, portandolo ad esplorare temi di identità, appartenenza e resistenza culturale. Max Hollein, direttore del Met, ha descritto Gibson come “uno degli artisti più straordinari della sua generazione”, sottolineando il suo ruolo pionieristico nell’arte nativa e indigena.

Un passo verso l’inclusione

La commissione per Gibson rappresenta la sesta del suo genere per il Met. La prima, avvenuta nel 2019, ha visto protagoniste quattro “cariatidi africane” dell’artista Wangechi Mutu, segnando un’apertura verso una maggiore inclusività e diversità nel panorama artistico del museo. Questa nuova direzione è particolarmente significativa in un contesto culturale dove le narrazioni tradizionali sono frequentemente messe in discussione e reinterpretate.

Il Met, sotto la direzione di Hollein, ha cercato di ampliare la sua visione artistica includendo artisti che rappresentano una pluralità di voci e storie. In questo senso, Gibson non è solo un artista, ma un portavoce di una storia che merita di essere raccontata. La sua opera si inserisce in un dibattito più ampio sull’identità culturale, sulla rappresentazione e sul modo in cui l’arte può fungere da strumento di cambiamento sociale.

La scelta di Gibson non è priva di collegamenti con eventi attuali. Nel 2019, il Met ha presentato le opere di Kent Monkman in un periodo di crescente attenzione verso la storia della colonizzazione e le sue conseguenze. Monkman ha sfidato la neutralità dei musei, affermando che “i musei non possono restare neutrali”. Questo tema è tornato di grande attualità in un contesto politico in cui la narrazione nazionale è spesso rielaborata in chiave nazionalista.

La commissione a Jeffrey Gibson rappresenta quindi non solo un onore per l’artista, ma un passo importante verso una maggiore inclusione delle voci indigene nel panorama artistico contemporaneo. La sua capacità di integrare diverse influenze culturali e di mettere in dialogo tradizione e modernità offre un’opportunità unica per il pubblico di confrontarsi con temi complessi e significativi. La facciata del Met, con le nuove sculture di Gibson, diventerà un luogo di riflessione e dialogo, in cui arte e cultura si intrecciano per raccontare storie di connessione profonda tra tutti gli esseri viventi.

Written by
Sara Lucchetta

Sono una giornalista appassionata di Università, ricerca e tutto ciò che ruota attorno al mondo dello studio. La mia missione su smetteredilavorare.it è quella di esplorare e raccontare le sfide e le opportunità che gli studenti e i ricercatori affrontano ogni giorno. Credo fermamente nel potere della conoscenza e nel valore dell'istruzione come strumento di cambiamento. Oltre a dedicarmi alla mia passione per l'istruzione, mi piace anche tuffarmi nel mondo dello spettacolo e del cinema. Scrivere di film e eventi culturali mi permette di esprimere la mia creatività e di esplorare le diverse sfaccettature della vita. Quando non sono impegnata a scrivere, mi trovate spesso a cercare nuovi film da vedere o a discutere di tendenze culturali con amici e colleghi. La mia curiosità mi guida in ogni racconto e spero che le mie parole possano ispirare e informare chi legge.

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