Un gruppo di giovani tunisini è finito al centro di un’indagine per una serie di episodi criminali avvenuti tra la fine di marzo e l’inizio di aprile 2025 a Reggio Emilia. La polizia ha eseguito cinque misure cautelari dopo numerose rapine e un’aggressione particolarmente grave, con lesioni permanenti al volto di una delle vittime.
Cronaca degli eventi violenti a reggio emilia
Nella notte del 30 marzo 2025, due rapine violente si sono susseguite in rapida successione tra via Secchi e corso Garibaldi, zona centrale di Reggio Emilia. Le vittime, giovani nordafricani, sono state assalite da un gruppo, picchiate e derubate di effetti personali come portafogli, scarpe, smartphone e monopattini. In uno dei casi, la violenza ha causato la rottura del setto nasale alla vittima. Questi episodi hanno acceso subito i riflettori su quei territori, per la particolare violenza e rapidità con cui si sono verificati.
Un paio di giorni dopo, il 2 aprile, la stessa banda è tornata a colpire. Nel parco pubblico chiamato Parco del Popolo, un uomo italiano di 48 anni è stato aggredito brutalmente e ha riportato la frattura dello zigomo. La rapina, come le precedenti, è stata feroce. Nello stesso contesto temporale, all’interno dei parcheggi della ex Caserma Zucchi, un’altra aggressione ha segnato profondamente la comunità locale. Un giovane egiziano, intervenuto per difendere una studentessa da un’aggressione, è stato ferito al volto con un’arma da taglio, riportando uno sfregio permanente.
Indagini coordinate da procura e squadra mobile
Le indagini sono scattate immediatamente dopo i primi episodi. La procura di Reggio Emilia si è affiancata a quella per i minorenni di Bologna, vista la presenza di soggetti minorenni coinvolti nel gruppo. La squadra mobile di Reggio Emilia ha lavorato congiuntamente analizzando filmati di videosorveglianza, raccogliendo testimonianze delle vittime e controllando informazioni sui social network, dove sono emersi elementi importanti per ricostruire i dettagli degli eventi e identificare i responsabili.
La conferma che a commettere le rapine e le aggressioni fosse uno stesso gruppo è arrivata dalle prove raccolte durante le attività investigative. Le modalità di azione, le dinamiche e i luoghi frequentati dai protagonisti hanno permesso alle forze dell’ordine di concentrare l’attenzione su cinque giovani tunisini.
Applicazione delle misure cautelari e situazione degli indagati
Al termine delle indagini, il giudice per le indagini preliminari ha disposto cinque misure cautelari. Tre maggiorenni, già conosciuti per precedenti penali, sono stati portati in carcere. Due minori sono stati invece affidati a comunità protette, una misura adottata per soggetti fragili ma coinvolti in atti gravi. Un terzo minore, a cui era stata destinata una misura cautelare, risulta irreperibile e la sua ricerca è in corso da parte delle forze dell’ordine. Quattro giovani, fra cui un altro minorenne, erano già noti alle autorità, il quarto era stato arrestato poco dopo i fatti per reati connessi.
L’organizzazione criminale appurata dalle indagini ha agito con aggressività e violenza, atteggiamenti che hanno messo in allarme la comunità e hanno portato a un’operazione di polizia che ha smantellato un gruppo prima di ulteriori episodi. Le ricostruzioni, frutto di setacciamenti di prove e dichiarazioni, hanno dato un quadro preciso dei ruoli di ciascun membro del gruppo e del modus operandi in tutte le azioni poste in essere.
Ricostruzione degli atti grazie a testimonianze e prove video
La polizia ha potuto contare sull’aiuto delle vittime e di testimoni oculari durante le fasi di accertamento. Le descrizioni raccolte hanno permesso di delineare le dinamiche di ogni episodio, confermati da filmati che hanno immortalato le scene nelle zone indicate. Le riprese sono risultate fondamentali per stabilire le responsabilità individuali.
Anche l’attività sugli spazi virtuali, come i social network frequentati dal gruppo, ha fornito elementi utili per la comprensione e il collegamento tra i vari episodi di violenza e furto. Attraverso un attento esame di contenuti pubblicati, messaggi e immagini, gli inquirenti hanno potuto verificare la presenza e la partecipazione dei sospettati. Questo tipo di approccio articolato ha permesso di supportare quanto emerso da testimonianze dirette e materiale video, offrendo un quadro completo degli eventi.
I cinque giovani fermati rappresentano così il risultato di un lavoro congiunto che ha intervallato azioni investigative tradizionali con l’uso di nuove risorse offerte dalle piattaforme digitali. Questa combinazione ha portato a un intervento efficace, direttamente legato ai fatti accaduti nei primi quattro mesi del 2025 a Reggio Emilia.