Come diventare cane bagnino: le 4 razze ideali e il duro addestramento spiegato da Biagio D’Aniello
Ogni estate, sulle spiagge italiane, centinaia di cani bagnino vigilano sulla sicurezza dei bagnanti. Non si tratta di animali qualsiasi, ma di veri operatori da soccorso, parte integrante delle cosiddette unità cinofile di salvataggio nautico, che operano in sinergia con i propri conduttori umani. A formarli è la Scuola Italiana Cani Salvataggio (SICS), un’organizzazione attiva da oltre 35 anni e oggi punto di riferimento europeo per l’addestramento di cani da soccorso in acqua.
A raccontare come si diventa cane bagnino è il professor Biagio D’Aniello, etologo, istruttore cinofilo senior e docente di zoologia, che dirige anche un corso post-laurea in etologia canina. “Non basta saper nuotare – chiarisce – un cane da salvataggio lavora in simbiosi col suo conduttore. È un percorso che si costruisce nel tempo, fatto di fiducia, addestramento mirato e capacità di mantenere la calma anche in situazioni critiche.”
Le 4 razze più adatte al salvataggio in mare
Non tutti i cani possono affrontare le onde e intervenire in caso di emergenza. La SICS ha individuato quattro razze ideali, per caratteristiche fisiche e temperamentali: Labrador Retriever, Golden Retriever, Terranova e Leonberger.
Il Labrador, secondo D’Aniello, è “il cane bagnino per eccellenza”: instancabile, socievole, dotato di zampe palmate e coda a timone, predisposto al lavoro di squadra e perfetto per affrontare le acque aperte.
Il Golden Retriever, più sensibile ma altrettanto adatto, si distingue per il forte legame che instaura col proprio umano, caratteristica utile nelle operazioni con minori o in momenti emotivamente delicati.
Il Terranova, vero “gigante gentile”, si fa notare per la sua imponente mole e il mantello isolante: è capace di trasportare più persone contemporaneamente e di agire con estrema calma anche in mare agitato.
Meno noto ma altrettanto valido è il Leonberger, razza che condivide molti tratti col Terranova. Il suo equilibrio psicologico e la capacità di restare lucido sotto pressione lo rendono un ottimo alleato nel soccorso.
Il lavoro dei cani bagnino e il lungo iter per diventarlo
Durante le operazioni, il cane non agisce mai da solo. “È parte di una unità cinofila, in cui cane e conduttore collaborano seguendo un protocollo ben preciso”, spiega il professore. Gli interventi possono avvenire da riva, moto d’acqua, elicottero o pattino. I cani, indossando speciali imbracature galleggianti, possono trainare anche due persone contemporaneamente.
Oltre alla forza fisica, questi animali offrono un supporto emotivo decisivo per le vittime, soprattutto i bambini. “In certi casi – racconta D’Aniello – i piccoli salvati uscivano dall’acqua sorridendo, accarezzando il cane come fosse un supereroe.”

Il percorso formativo è lungo e selettivo. Inizia con una valutazione delle caratteristiche del cane, segue con mesi di addestramento pratico in acqua, simulazioni in mare mosso, esercizi di resistenza e test di reazione in situazioni di panico. “Il legame con il conduttore è tutto. Il cane non prende iniziativa da solo, ma reagisce a comandi precisi, anche se può agire in autonomia in casi estremi, come trasportare un salvagente a chi sta per annegare.”
Oggi la SICS conta circa 400 unità operative attive in tutta Italia, e contribuisce ogni anno al salvataggio di circa 30 vite. Non solo addestramento: il laboratorio guidato da D’Aniello è impegnato anche in ricerche scientifiche per analizzare la comunicazione tra cane e umano nelle situazioni di emergenza. “Stiamo cercando nuovi Labrador e Golden Retriever per studi in corso – conclude – chi fosse interessato può contattarci direttamente attraverso i nostri canali ufficiali.”