La siccità colpisce ormai più aree del pianeta rispetto al passato, con un aumento dell’esposizione che ha raggiunto il doppio tra il 1900 e il 2020. Questo fenomeno si presenta oggi con una maggiore frequenza e intensità, creando seri problemi per l’agricoltura, le infrastrutture e l’economia di molti Paesi. Secondo un rapporto dell’OCSE del 2025, senza cambiamenti politici e gestionali, i costi legati alla siccità continueranno a salire, aggravando le condizioni delle nazioni più vulnerabili.
La superficie terrestre e l’aumento del rischio
La superficie terrestre esposta a condizioni di siccità, cioè periodi prolungati di scarsità d’acqua, è aumentata notevolmente nell’ultimo secolo. Nel rapporto pubblicato dall’OCSE il 17 giugno 2025 si evidenzia come questo fenomeno sia passato da un evento relativamente sporadico a una vera emergenza geomorfologica. Quel che colpisce è la frequenza con cui si verificano questi episodi, diventati più intensi e diffusi soprattutto negli ultimi decenni.
Resistenza degli ecosistemi e degli ambienti urbani
Gli esperti sottolineano che la capacità degli ecosistemi e delle infrastrutture umane di resistere agli effetti della siccità si è indebolita, a causa sia dello sfruttamento crescente delle risorse idriche sia delle alterazioni climatiche. Abdelhamid Kleo, docente di geomorfologia all’università di Mansoura , ha definito la siccità non più come un evento meteorologico periodico, ma come una crisi che modifica il paesaggio e le condizioni di vita.
Jo Tyndall, direttore del direttorato ambiente dell’OCSE, ha stimato che i danni economici causati dalla siccità sono già sei volte più elevati rispetto al 2000 e prevedono un aumento minimo del 35% entro il 2035 se non verranno adottate politiche di gestione più rigorose. Questo significa scenari difficili sia per il tessuto produttivo, sia per la stabilità sociale delle aree più colpite.
Costi economici e settori maggiormente coinvolti
Il rapporto OCSE quantifica il costo economico della siccità per Paese, rilevando che un singolo evento grave può arrivare a incidere tra lo 0,1% e l’1% del PIL nazionale. Questa variabilità dipende da quanto un sistema economico si appoggia su attività legate all’agricoltura e alla produzione energetica idroelettrica, ambiti entrambi vulnerabili alla scarsità d’acqua.
La siccità riduce la produttività agricola, uno dei settori maggiormente dipendenti dall’acqua, considerando che circa il 70% del consumo globale di acqua dolce è impiegato per irrigare i campi. Inoltre, genera aumenti nei prezzi alimentari e contribuisce ad aggravare le condizioni di povertà, con effetti che si riverberano in molte comunità, in particolare rurali. Confinati non solo all’agricoltura, i danni si estendono anche a sanità, trasporti ed energia, aggravando difficoltà già esistenti.
Migrazioni e tensioni sociali provocate dalla scarsità d’acqua
Le migrazioni forzate aumentano negli scenari di crisi idrica, soprattutto dove viene compromesso l’accesso alle risorse di base. Lo spostamento di persone in contesti di scarsità d’acqua genera spesso tensioni sociali legate alla distribuzione delle risorse.
Le aree geografiche più colpite e vulnerabilità strutturale
Le regioni più colpite dalla crisi idrica risultano Africa subsahariana, Asia meridionale, Medio Oriente e Nord Africa, dove le infrastrutture per la gestione dell’acqua risultano insufficienti e poco efficienti. In Paesi come Etiopia, Sudan, Madagascar e Yemen, l’accesso all’acqua potabile e all’irrigazione è un problema crescente che mina la sopravvivenza stessa delle comunità.
In queste zone la scarsità non provoca solo calo di produttività, ma rischia di scatenare conflitti per le risorse scarse. Le infrastrutture esistenti spesso non tengono il passo con l’aumento delle esigenze, per questo le politiche di adattamento faticano a raggiungere risultati significativi.
Metodi attuali e rischi associati
Tra le soluzioni a breve termine più diffuse spiccano la desalinizzazione e l’estrazione intensiva dalle falde acquifere. L’OCSE però avverte che questi interventi possono generare conseguenze economiche ed ecologiche di portata rilevante, se attuati senza un piano sostenibile e un monitoraggio accurato.
Linee guida per la gestione e il risparmio idrico
Il rapporto OCSE propone tre linee d’intervento principali per affrontare la siccità puntando a ridurre il consumo d’acqua e migliorare la gestione.
La prima riguarda l’efficienza dei sistemi irrigui: passare dall’irrigazione di superficie a metodi più avanzati, come quella a goccia o a pioggia, può tagliare il consumo idrico fino al 76% in alcune aree.
La seconda linea d’azione vuole rivedere la tariffazione dell’acqua, eliminando i sussidi che nascondono il vero costo ambientale della risorsa e potrebbero incentivare sprechi. L’adozione di tariffe più realistiche, eventualmente differenziate per fasce di consumo, punta a spingere verso un utilizzo più responsabile senza penalizzare chi ha redditi bassi. L’Australia rappresenta un esempio di successo, con incentivi alle famiglie dotate di elettrodomestici a basso consumo idrico.
Acqua come componente strategica nelle politiche climatiche
Infine il terzo aspetto riguarda l’inclusione dell’acqua nelle strategie di adattamento al cambiamento climatico, considerando la stretta connessione tra risorse idriche, agricoltura, energia e pianificazione urbana. Rendere più integrata questa gestione aiuta a prevenire crisi e ad aumentare la capacità di resistenza agli shock idrici.
L’allarme lanciato dall’OCSE è chiaro. La siccità richiede interventi mirati e soluzioni calibrate. I prossimi anni saranno decisivi per mettere in campo strumenti capaci di arginare danni economici gravi e garantire l’accesso all’acqua, risorsa essenziale per tutte le società.