La produzione di biomassa in Europa è strettamente legata allo stato degli ecosistemi agricoli e forestali. Nonostante il continente sia quasi autosufficiente per quanto riguarda la biomassa agricola, il deterioramento delle condizioni ambientali mette a rischio la capacità futura di soddisfare questa domanda in modo sostenibile. In questo scenario si inseriscono anche le importazioni di prodotti legati alla biomassa, che incidono significativamente su territori extraeuropei, e nuove risorse come le alghe marine e i rifiuti, che stanno emergendo come alternative. La governance della bioeconomia deve quindi valorizzare politiche più integrate per fermare il degrado e promuovere pratiche rigenerative.
Condizioni degli ecosistemi agricoli e sfide per la biomassa europea
In Europa, il settore agricolo fornisce la maggior parte della biomassa, con un’autonomia elevata: solo il 3% della biomassa agricola è importata. Lo conferma il rapporto del Joint Research Centre che però segnala un grave problema. Solo il 24% degli ecosistemi agricoli è giudicato in buono stato ambientale, mentre il 53% presenta condizioni medie e il 23% è ormai degradato. Questo bilancio indica che più della metà dei terreni agricoli ha capacità ridotta di produrre biomassa senza ulteriori danni all’ambiente.
Relazioni fondamentali per la gestione
Il peggioramento degli agroecosistemi implica che, senza cambiamenti, la produzione potrebbe calare nel tempo. La relazione tra salute del suolo, biodiversità e produttività è centrale. Per invertire la tendenza servono strategie di gestione che migliorino la qualità del suolo, limitino l’erosione e favoriscano metodi di coltivazione rigenerativi. Bisogna dare più attenzione agli aspetti paesaggistici, ricostruire filiere corte e riconvertire alcune aree a usi che garantiscano equilibrio tra attività umane e natura.
Anche le abitudini alimentari europee influenzano il fabbisogno di biomassa. “Spostarsi verso un’alimentazione con meno prodotti da allevamento rispetto ai vegetali potrebbe ridurre la domanda di mangimi e liberare risorse da destinare ad altri usi come tessili, materiali per l’edilizia e biochimica.” Questa transizione deve però tenere conto delle esigenze economiche degli agricoltori e della sicurezza alimentare.
La situazione delle foreste europee e l’impatto sul ruolo di serbatoio di carbonio
Il patrimonio forestale dell’Unione europea sta affrontando pressioni significative. Solo una piccola parte – meno del 3% – è costituita da foreste primarie o vetuste, che sono fondamentali per la biodiversità e la capacità di assorbire carbonio. La maggior parte delle foreste è composta da alberi con età e struttura simili, una condizione artificiale rispetto a quanto si osserva in natura attraverso processi naturali di rigenerazione. Questa omogeneità riduce la resistenza agli stress climatici e alle malattie.
Secondo il JRC, la domanda di legno potrebbe salire del 30% entro il 2050, se l’economia europea cresce a un ritmo costante intorno al 2% del PIL. Tuttavia la produzione nazionale potrebbe non soddisfare questa richiesta, con un divario che potrebbe raggiungere il 6%. Ciò potrebbe aumentare la pressione sulle foreste o incrementare le importazioni, con effetti potenzialmente negativi.
Rischio per la funzione di serbatoio di carbonio
Il dato più allarmante riguarda la funzione delle foreste come serbatoio di carbonio. Nel peggiore dei casi, l’assorbimento netto di CO₂ potrebbe calare del 37% entro il 2050 rispetto al 2020. Questo comprometterebbe gli obiettivi europei sul clima fissati dal regolamento LULUCF. Per questo i modelli di gestione dovranno prevedere rotazioni più lunghe degli alberi, incrementare la varietà delle specie arboree e tutelare ecosistemi come le torbiere, che sono cruciali per immagazzinare il carbonio. Sarà necessario adattare le foreste ai cambiamenti climatici, favorendo strutture più resilienti.
Le importazioni di biomassa e il legame con la deforestazione globale
L’impatto della produzione di biomassa europea si estende oltre i suoi confini. L’Unione europea importa grandi quantità di materie prime come soia, cacao, olio di palma e caffè. Questi prodotti sono spesso coltivati in aree caratterizzate da elevata biodiversità, dove la deforestazione è un problema rilevante.
Solo le importazioni di prodotti alimentari associati alla biomassa europei coinvolgono circa 27 milioni di ettari di terra in paesi extra UE, una superficie pari quasi alla metà di quella della Spagna. Nel periodo 2010-2015, le perdite di biomassa forestale causate da queste attività sarebbero state superiori a 48 milioni di tonnellate di sostanza secca.
Per contrastare questo fenomeno l’UE ha promosso una normativa sui prodotti “deforestation-free”, che obbliga le aziende a verificare che le filiere non contribuiscano alla distruzione delle foreste. Molto dipenderà da come questi controlli saranno applicati e dall’influenza che l’Europa riuscirà a esercitare sul commercio mondiale. La vera sfida resta quella di distinguere le merci provenienti da pratiche sostenibili da quelle legate a danni ambientali.
Potenzialità delle filiere marine e dei rifiuti per integrare la biomassa
Nel comparto marino si registrano segnali positivi. Il rapporto JRC rileva che circa il 70% degli stock ittici europei viene gestito entro limiti di rendimento sostenibile. Questo migliora la disponibilità di risorse per produrre biomassa senza compromettere l’ecosistema.
Tra le nuove fonti di biomassa marittima spiccano le alghe. Queste non richiedono terra né fertilizzanti e possono essere impiegate in diversi ambiti, come mangimi, biocarburanti e prodotti biochimici. In Europa però la produzione è ancora basata quasi esclusivamente sulla raccolta da habitat naturali. Per favorirne lo sviluppo servono investimenti nella coltivazione industriale e nel superamento di ostacoli normativi e tecnologici.
Recupero dei rifiuti come risorsa
Un altro segmento interessante deriva dal recupero dei rifiuti. Circa il 90% dei rifiuti organici in Europa viene raccolto per un nuovo utilizzo. Il recupero dei biowaste è raddoppiato negli ultimi dieci anni, grazie anche allo sviluppo degli impianti per la produzione di biogas. Ma nonostante questo, la pressione sulle risorse primarie non diminuisce. Il riciclo resta un contributo importante, ma non può bastare: serve un modello economico basato sulla rigenerazione continua.
Governance integrata e politiche rigenerative per la bioeconomia europea
Il rapporto JRC evidenzia l’importanza di un approccio complessivo che metta in relazione politiche agricole, ambientali, commerciali ed energetiche. La Commissione europea suggerisce di adottare meccanismi di governance capaci di affrontare la diversità delle problematiche legate alla biomassa.
Sono necessarie politiche inclusive che considerino anche gli aspetti sociali connessi al commercio e all’utilizzo della biomassa. Incentivare la rigenerazione degli ecosistemi deve essere prioritario rispetto al semplice contenimento del degrado ambientale. Alcuni strumenti efficaci riguardano il carbon farming, pratiche agroecologiche e il sostegno a filiere corte.
Inoltre, valorizzare le conoscenze tradizionali e mettere in campo una gestione delle risorse più responsabile sono passaggi fondamentali. Senza un’aderenza precisa tra i fabbisogni, la capacità degli ecosistemi e le scelte politiche, difficilmente le strategie europee riusciranno a garantire una biomassa prodotta in modo sostenibile nel lungo periodo.