Il caso legato alla morte di ramy elgaml, il giovane egiziano deceduto in un incidente dopo un inseguimento a Milano nel novembre 2024, si avvicina a una nuova fase processuale. A finire sotto giudizio è il suo amico fares bouzidi, accusato di resistenza a pubblico ufficiale durante la fuga. Le forze dell’ordine coinvolte stanno valutando la costituzione di parte civile per tutelare i propri diritti nell’ambito del procedimento.
Il contesto dell’inseguimento e la morte di ramy elgaml
La sera del 24 novembre 2024, ramy elgaml era in sella a un motorino inseguito da tre auto dei carabinieri che coprivano tre pattuglie diverse. L’inseguimento è durato circa otto chilometri e si è concluso con la caduta fatale di ramy, che aveva diciannove anni. I militari coinvolti, sei in totale, stavano cercando di bloccare lo scooter guidato da fares bouzidi, amico di elgaml e ritenuto alla guida durante la fuga.
L’incidente ha acceso un dibattito sulla dinamica della corsa e sul comportamento dei carabinieri, divisi tra accuse e difese del loro operato. Le prime ricostruzioni hanno coinvolto varie responsabilità sulla gestione dell’inseguimento e sulla sicurezza di chi era coinvolto, questioni che ora si affrontano in tribunale.
Il processo e la posizione di fares bouzidi
Il 26 giugno 2025 presso il gip di Milano fabrizio filice, partirà il procedimento abbreviato contro bouzidi. L’accusa principale è resistenza a pubblico ufficiale. Dopo un periodo iniziale agli arresti domiciliari, la misura è stata sostituita con l’obbligo di firma. Il giovane ventiduenne rischia conseguenze rilevanti se riconosciuto colpevole.
Nel corso dell’udienza sono previste le formalizzazioni delle istanze avanzate dai legali dei carabinieri che ritengono di aver subito un danno durante l’operazione. Sei militari delle tre pattuglie, individuati come persone offese, stanno valutando la possibilità di costituirsi come parti civili nel processo per garantirsi un ruolo attivo nella vicenda giudiziaria. Alcune richieste sono già pronte, altre ancora in fase di definizione.
Indagini sulla dinamica dell’incidente e responsabilità
Il pm di Milano giancarla serafini, insieme al collega marco cirigliano, sta per completare la fase istruttoria relativa all’inchiesta per omicidio stradale. Un elemento importante è rappresentato dalla relazione tecnica redatta dall’ingegnere domenico romaniello, scelto come consulente dagli stessi pm.
La perizia, lunga 164 pagine, valuta il comportamento dei carabinieri durante la parte finale dell’inseguimento. Secondo l’esperto, il carabiniere alla guida dell’ultima auto inseguitrice ha agito secondo le regole del mestiere senza errori. L’incidente sarebbe dipeso principalmente da fares bouzidi, ritenuto in grave responsabilità per l’esito fatale.
Questa analisi tecnica orienta l’attenzione sulla dinamica dell’incidente e sulle responsabilità dirette, lasciando aperti altri quesiti legati alle possibili irregolarità nell’azione processuale.
I sospetti di depistaggio e le accuse ai carabinieri
Oltre alle questioni relative all’incidente e alla resistenza a pubblico ufficiale, un ulteriore filone investigativo riguarda alcuni carabinieri sospettati di depistaggio, frode processuale e favoreggiamento. Il nucleo dell’inchiesta punta a verificare se due militari, in particolare, abbiano ordinato la cancellazione di un video registrato da un testimone sul luogo dei fatti.
Il filmato sarebbe potuto diventare una prova determinante per chiarire il contesto della notte del 24 novembre. Le accuse mirano a chiarire se ci sia stato un tentativo di manipolare o nascondere elementi utili al giudizio. Questa parte dell’indagine si sviluppa parallelamente al procedimento per omicidio stradale e resistenza, e segue un iter separato ma connesso alla stessa vicenda.
La procura di Milano continua a raccogliere elementi per definire le responsabilità su tutti i fronti, mettendo in luce le complicazioni emerse da un confronto incrociato tra testimonianze, tracce digitali e perizie tecniche. Lo sviluppo del caso rimane sotto stretta osservazione.