Cervia, una località che ha visto passare le estati della scrittrice sarda Grazia Deledda, è un luogo dove natura e letteratura si intrecciano in un racconto affascinante di cambiamenti. Deledda trascorse le sue lunghe estati a Cervia a partire dal 1920 fino alla sua morte nel 1937, dedicando le sue giornate ad esplorare un paesaggio ricco di pinete e dune, allora ancora incontaminato. Durante queste passeggiate solitarie, sognava di essere un gabbiano, osservando la fauna locale e lasciandosi ispirare per le sue opere. Infatti, oltre trenta novelle dell’autrice vedono come protagonisti diversi animali, tra cui una toccante storia dedicata a un cinghialetto.
la trasformazione dell’habitat
Il tempo ha portato con sé non solo il passare degli anni, ma anche profondi cambiamenti in questo habitat. Se da un lato alcune specie animali hanno subito un drastico declino, dall’altro altre hanno trovato un nuovo spazio in questo territorio, diventando simboli di una Romagna che, nonostante l’urbanizzazione, conserva ancora angoli di natura selvaggia. Questo è il tema centrale del libro “Romagna selvatica, ieri e oggi” di Eraldo Baldini e Massimiliano Costa, presentato durante il festival “Una Nobel a Cervia”, dedicato proprio a Grazia Deledda.
la fauna di cervia
Villa Caravella, la dimora che la scrittrice acquistò nel 1928, affacciata sul mare, divenne il suo rifugio. Qui, nei suoi giardini, Deledda poté osservare la fauna locale, che includeva una volta anche le lontre, oggi scomparse. Massimiliano Bruno racconta che fino agli anni Settanta, le lontre erano comuni nelle paludi del cervese, diventando un simbolo di sporcizia con l’espressione popolare “sei sporco come una lontra”. Tuttavia, a causa di una campagna di sterminio e della loro considerazione come animali dannosi, questa specie ha completamente abbandonato la zona.
Altre specie, come gli orsi e i pellicani, hanno seguito lo stesso destino, mentre i lupi sono tornati a popolare le foreste romagnole. Questo ritorno del lupo è significativo, poiché questi animali, una volta forzati a fuggire verso territori più remoti a causa della pressione umana, hanno ritrovato un equilibrio con l’ambiente circostante. Oggi, i lupi sono nuovamente presenti, così come i cinghiali, che stanno aumentando in numero al punto da passare da una protezione totale a una protezione parziale, richiedendo un attento equilibrio tra la loro presenza e quella umana.
la biodiversità in evoluzione
Tra gli animali che Deledda ha potuto osservare c’era anche la tortora, protagonista della novella “La morte della tortora”. Tuttavia, quella descritta nei suoi racconti non è la tortora dal collare orientale, giunta in Romagna solo negli anni Sessanta, ma la tortora selvatica, un migratore che un tempo popolava queste terre. Le sue opere rievocano una fauna ricca e variegata, che includeva cavalli, aquile e una moltitudine di altri animali, molti dei quali ora sono solo un ricordo.
Una leggenda locale narra che Cervia potrebbe aver preso il nome dai cervi che un tempo popolavano le pinete. Stando a testi storici, ci sono riferimenti alla presenza occasionale di cervi fino al XVIII secolo, mentre il daino fu introdotto successivamente. Oggi, la riserva naturale di Mesola ospita circa 200 cervi, una testimonianza della capacità della natura di rigenerarsi e adattarsi.
Ma ciò che Grazia Deledda non ha mai potuto vedere è il fenicottero rosa, una delle meraviglie della fauna attuale della Romagna. I primi esemplari di fenicottero furono avvistati nella regione negli anni Novanta, ma fu solo nel 2017 che si formò una vera e propria colonia nella Salina di Comacchio, che attualmente ospita circa 10.000 coppie nidificanti. Questo luogo è diventato l’unico sito di nidificazione per i fenicotteri in Italia, un segno della vitalità e della biodiversità che riesce a resistere anche in un contesto di urbanizzazione crescente.
Il ritorno di molte di queste specie, come i lupi e i fenicotteri, è un segnale positivo per la Romagna, che continua a combattere la battaglia tra il progresso umano e la salvaguardia della biodiversità. È fondamentale mantenere un equilibrio tra la vita umana e quella animale, per garantire che queste meraviglie naturali possano continuare a prosperare e a raccontare la storia di un territorio che, nonostante i cambiamenti, riesce a mantenere una sua identità selvaggia e autentica.