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La corte suprema annulla divieto di espulsione dei migranti verso paesi terzi deciso da tribunale inferiore

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La Corte suprema degli Stati Uniti ha cancellato un ordine di un tribunale minore che proibiva l’espulsione di migranti verso paesi terzi. La decisione si inserisce nel quadro delle misure restrittive sull’immigrazione attuate durante l’amministrazione di Donald Trump. Il caso riguarda in particolare la possibilità di allontanare stranieri verso stati come El Salvador, sollevando polemiche e cause legali sull’osservanza dei diritti fondamentali.

Le implicazioni legali e i ricorsi in corso

La vicenda ha subito accese contestazioni da parte di organizzazioni per i diritti dei migranti e gruppi legali che assistono cittadini stranieri negli Stati Uniti. Questi ultimi hanno presentato ricorsi contro la politica di espulsione verso paesi terzi, sostenendo che la procedura viola il diritto al giusto processo e le norme internazionali sui diritti umani.

Il caso è ora destinato a tornare in appello e potrebbe nuovamente arrivare alla Corte suprema. Le contestazioni riguardano in particolare la mancanza di tutele specifiche per i migranti che vengono rimpatriati in Paesi dove potrebbero essere esposti a rischi di persecuzioni o condizioni di vita insostenibili. I legali evidenziano inoltre che molte delle persone coinvolte sono indesiderate in stati terzi per motivi politici o sociali, rendendo la misura assai controversa.

La sentenza della corte suprema e le maggioranze interne

Nel 2025 la Corte suprema ha pronunciato una sentenza con la quale ha annullato la norma che vietava di rimandare migranti in paesi terzi senza valutare le specifiche condizioni di ogni caso. La decisione ha visto un voto netto della maggioranza conservatrice, mentre i tre giudici liberal si sono espressi contro. Questi ultimi hanno accusato i colleghi di favorire una politica che viola le garanzie legali dei richiedenti asilo, definendo la sentenza un incentivo all’illegalità.

I giudici conservatori hanno invece sostenuto che la misura, adottata durante l’amministrazione Trump, si muove nel rispetto della legislazione vigente e del potere esecutivo di regolamentare l’ingresso negli Stati Uniti. La decisione della Corte suprema ha quindi aperto la strada a un ritorno delle espulsioni verso paesi terzi, superando i limiti imposti dal tribunale di grado inferiore.

Il contesto politico e le strategie dell’amministrazione trump

Durante la presidenza di Donald Trump, la linea sul controllo dell’immigrazione ha previsto misure drastiche per limitare l’accesso e la permanenza degli stranieri sul suolo americano. Tra queste figurano, appunto, le espulsioni verso Stati considerati terzi, come El Salvador, Honduras, Guatemala, paesi da cui partono molti flussi migratori.

Il governo Trump giustificava tali provvedimenti come una risposta alla necessità di proteggere i confini nazionali e di combattere flussi migratori illegali. Il discorso pubblico accompagnava queste azioni con enfasi sulla legalità delle procedure e sul rispetto delle norme vigenti. Al contempo, le misure generavano proteste e azioni legali da parte di associazioni e singoli migranti, che contestavano la correttezza e la legalità di queste espulsioni.

La recente sentenza della Corte suprema riposiziona la questione nel dibattito giudiziario e politico, lasciando aperto un confronto serrato tra chi vuole mantenere queste politiche e chi ne denuncia le conseguenze sugli individui coinvolti.

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