Un’indagine condotta dalla Guardia di finanza di Bolzano ha portato allo scoperto un sistema illecito di somministrazione di manodopera irregolare nelle regioni del Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia. Una rete di società fittizie e contratti fasulli ha permesso a imprenditori di abbattere i costi del lavoro e riciclare profitti all’estero, coinvolgendo oltre 850 lavoratori. I dettagli dell’operazione evidenziano un meccanismo strutturato che ha favorito grandi aziende della distribuzione e della lavorazione delle carni, attraverso false fatturazioni per decine di milioni di euro.
La struttura del meccanismo fraudolento e il ruolo degli indagati
Le indagini hanno rivelato come due imprenditori – uno altoatesino e uno campano – insieme a un consulente fiscale di Napoli abbiano ideato un sistema complesso per fornire manodopera a basso costo. L’imprenditore altoatesino fungeva da intermediario fra i committenti e gli altri indagati, procacciando le commesse per poi mettere a disposizione i lavoratori tramite contratti di appalto ritenuti non genuini.
Sono state individuate numerose società collegate, tutte ritenute strumentali alla frode. Al centro della rete vi erano ditte individuali, spesso intestate a persone in difficoltà economica che accettavano poche centinaia di euro per assumere formalmente la titolarità di tali aziende. Queste società fittizie, attive per pochi mesi, emettevano fatture false destinate a cooperative che agivano come serbatoi di manodopera.
Il coinvolgimento delle cooperative nell’organizzazione
Le cooperative coinvolte rappresentavano il secondo livello del sistema. Queste organizzazioni offrivano manodopera a prezzi contenuti, sfruttando le fatture false per abbassare i costi dichiarati. Le aziende committenti, soprattutto della grande distribuzione e del settore della lavorazione delle carni, risultavano consapevoli della natura irregolare degli appalti di manodopera.
Gli effetti sulle aziende committenti e i meccanismi evasivi
Questo sistema consentiva alle imprese di evitare rapporti di lavoro diretti con i dipendenti, eludendo così le normative sui contratti collettivi, tramite cui si regolano ferie, permessi e malattie. Inoltre, risparmiavano sulle spese amministrative e sulla gestione del personale, ottenendo vantaggi fiscali grazie ai crediti IVA generati dalla contabilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti.
Dati economici e azioni giudiziarie
Le verifiche degli investigatori hanno portato a contestare l’emissione e l’utilizzo di fatture false per oltre 80 milioni di euro. La somministrazione irregolare ha coinvolto più di 850 lavoratori, con profitti illeciti stimati attorno ai 14 milioni di euro. La Procura, in collaborazione con la Guardia di finanza, ha sottoposto a indagine complessivamente 29 persone.
I tre principali indagati, gli imprenditori e il consulente fiscale, sono stati posti agli arresti domiciliari. La complessità del sistema ha richiesto mesi di attività investigative per smascherare il castello di società che ha permesso questa frode di larga scala nella somministrazione del lavoro.