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Indagine sul caso Paragon: accertamenti tecnici sui telefoni di giornalisti e attivisti coinvolti

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La procura di Roma e quella di Napoli hanno affidato oggi alla polizia postale e ai consulenti tecnici l’incarico di effettuare controlli approfonditi sui dispositivi mobili di sette persone coinvolte nell’indagine sul caso Paragon. Tra queste figure spiccano il fondatore di Dagospia Roberto d’Agostino e i giornalisti Eva Vlaardingerbroek, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino. Verranno esaminati anche i telefoni di alcuni attivisti legati a Mediterranea Saving Humans, come Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrari. Lo scopo è raccogliere materiali probatori che possano confermare eventuali attività di spionaggio tramite spyware.

I soggetti coinvolti e il contesto dell’indagine

L’inchiesta riguarda sette persone ritenute vittime di intercettazioni illegali e accessi abusivi ai loro dispositivi, utilizzati per svolgere attività giornalistica o legate ad azioni civili. Roberto d’Agostino, noto per aver fondato Dagospia, figura tra i denuncianti che hanno portato a questa fase investigativa. Accanto a lui ci sono i giornalisti Vlaardingerbroek, Cancellato e Pellegrino, tutti impegnati in ruoli di informazione critica. Le altre tre persone coinvolte sono attivisti di Mediterranea Saving Humans, un’organizzazione che opera nel Mediterraneo centrale in soccorso dei migranti. Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrari sono al centro delle attenzioni degli inquirenti per verificare le condizioni di spionaggio digitale che potrebbero aver subito. La scelta di indagare sia giornalisti sia attivisti riflette la delicatezza delle comunicazioni intercettate.

La procedura tecnica: accertamenti irripetibili e ricerca dello spyware

Gli esperti della polizia postale e i consulenti incaricati devono eseguire accertamenti tecnici detti “irripetibili” sui cellulari dei sette soggetti. Questo significa che l’analisi sarà effettuata una volta sola, senza possibilità di replica, per evitare contaminazioni o alterazioni delle prove digitali. L’obiettivo dell’esame è individuare un codice alfanumerico, definito come “impronta digitale” dello spyware, che indichi chiaramente la presenza e il tipo di software utilizzato per registrare o trasmettere informazioni senza consenso. Questi dati potrebbero inoltre svelare come e quando lo spionaggio sarebbe stato effettuato. Lo svolgimento di questo tipo di accertamenti richiede tecnologie avanzate e personale specializzato, proprio per la delicatezza delle informazioni trattate e la necessità di evitare errori giudiziari.

I reati contestati e le norme penali applicate nell’indagine

Al momento l’indagine procede contro ignoti, perché non sono state ancora identificate con precisione le persone responsabili. Tra i reati contestati figurano l’accesso abusivo a sistema informatico e la violazione di quanto previsto dall’articolo 617 del codice penale. Quest’ultimo disciplina il reato di interferenza illecita nelle comunicazioni, ovvero la cognizione, interruzione o impedimento di conversazioni telegrafiche o telefoniche senza autorizzazione. La legge punisce anche l’installazione abusiva di apparecchiature finalizzate all’intercettazione. Il fascicolo punta a dimostrare che qualcuno ha compromesso la privacy dei coinvolti utilizzando strumenti digitali per spiare le comunicazioni senza autorizzazione giudiziaria. Le fasi successive dell’indagine dipenderanno dai risultati degli accertamenti tecnici in corso.

Tempistiche e sviluppi futuri del procedimento

I controlli sui dispositivi mobili sono stati avviati oggi e i risultati attesi arriveranno in autunno. Gli inquirenti utilizzano questo arco temporale per valutare dettagliatamente i dati raccolti e incrociarli con altre fonti di prova. Il completamento degli esami tecnici potrebbe portare all’individuazione degli autori delle violazioni informatiche. Sarà fondamentale verificare la corrispondenza tra le tracce digitali rilevate e eventuali altri elementi investigativi. L’indagine ora si concentra sull’identificazione del software utilizzato e sulle modalità con cui gli accessi non autorizzati sono avvenuti. A quel punto, la procura potrà procedere con eventuali misure restrittive o nuove imputazioni. Questo caso riflette la crescente attenzione alle minacce legate alla sicurezza digitale di operatori dell’informazione e della società civile in Italia.

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