Una scena inquietante è emersa da un video registrato all’interno della sala operatoria dell’ospedale universitario Tor Vergata, risalente al 6 giugno. Le immagini, catturate in modo furtivo, mostrano le calzature di chirurghi e studenti, mentre la voce del professor Giuseppe Sica, noto chirurgo, risuona con toni aggressivi e minacciosi. Le parole che escono dalla sua bocca sono un mix di insulti e frustrazione nei confronti di una giovane collega, il cui lavoro sembra non soddisfare le aspettative del suo superiore.
Le frasi pronunciate dal professor Sica sono dure e cariche di disprezzo: «Hai capito come funziona questo cazzo di intervento? Imbecille. Se tu non mi parli come cazzo lo capisco?». Un linguaggio violento, che trascende la normale dinamica di comunicazione tra colleghi, culmina in un gesto di aggressione fisica, descritto da alcune fonti come un pugno o uno schiaffo. La giovane chirurga, vittima di questa violenza, ha riportato una prognosi di 15 giorni a causa dell’aggressione, che è stata formalmente segnalata nel rapporto interno come “aggressione da persona nota in orario di servizio”.
un ambiente di lavoro tossico
Il video non mostra solo l’atto di violenza, ma anche un ambiente di lavoro tossico, dove le gerarchie e le pressioni possono portare a dinamiche di sfruttamento e abuso. Dopo gli insulti, una voce femminile, presumibilmente di un’altra assistente, si alza in difesa della giovane chirurga, ribattendo: «Si vergogni lei invece». Questa ribellione, per quanto coraggiosa, viene immediatamente soffocata dalla reazione del professor Sica, che risponde con un imperativo secco: «Togliti dal cazzo. Te ne devi andare e non ti voglio mai più vedere in sala operatoria». Il tonfo finale segna l’apice di questa escalation, richiamando alla brutalità che si cela spesso dietro la facciata dell’alta professione medica.
reazioni istituzionali e indagini
L’episodio ha suscitato un’ondata di indignazione non solo tra i colleghi della giovane chirurga, ma anche a livello istituzionale. Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, ha preso posizione, promettendo sanzioni nei confronti del professor Sica e annunciando la convocazione di una commissione disciplinare per la settimana successiva. Rocca ha dichiarato: «Questo chirurgo che ha pronunciato certe frasi e picchiato la sua assistente non deve più entrare in sala operatoria né entrare in contatto con gli studenti». Un chiaro segnale che la violenza, anche in un contesto professionale come quello medico, non può essere tollerata.
La direzione aziendale del policlinico di Tor Vergata ha avviato un’indagine interna in seguito alla segnalazione della giovane chirurga. I risultati della fase istruttoria saranno resi noti lunedì 23 giugno. L’Ordine dei medici di Roma ha già manifestato la propria intenzione di intervenire, affermando che «l’Ordine farà quanto previsto: sentirà l’ospedale ed eventualmente i protagonisti». Questa reazione istituzionale è fondamentale, poiché mette in luce l’importanza di un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso, specialmente in un settore come quello sanitario.
una cultura da cambiare
La questione solleva interrogativi importanti sul clima lavorativo all’interno degli ospedali e delle università. In un contesto dove la pressione e le aspettative sono elevate, è cruciale che i dirigenti e i superiori siano consapevoli del loro ruolo nel mantenere un ambiente professionale sano. L’aggressione verbale e fisica non solo compromette la sicurezza dei lavoratori, ma può anche avere ripercussioni negative sulla qualità delle cure fornite ai pazienti.
Inoltre, il caso di Tor Vergata non è isolato; episodi simili sono stati riportati in altre strutture sanitarie, evidenziando una problematica più ampia legata alla cultura della medicina in Italia. È fondamentale avviare un dialogo aperto su come migliorare la formazione e la gestione delle relazioni interpersonali in ambito medico, affinché situazioni di questo tipo possano essere prevenute in futuro.
La giovane chirurga, ora costretta a vivere con le conseguenze non solo fisiche ma anche psicologiche di questa aggressione, rappresenta un simbolo di una lotta più grande per il rispetto e la dignità nel lavoro. La sua esperienza dovrebbe servire da monito per tutti coloro che operano nel settore sanitario, affinché si impegnino a costruire un ambiente di lavoro migliore, in cui la comunicazione avvenga nel rispetto reciproco e la violenza, in qualsiasi forma, non abbia più spazio.