Il 9 maggio 2025, durante un colloquio in carcere, l’avvocato Flavio Rossi Albertini ha salutato il suo assistito, l’anarchico Alfredo Cospito, con una stretta di mano e due baci sulle guance. Questo gesto ha suscitato una segnalazione da parte del direttore del penitenziario di Sassari all’ordine degli avvocati, ponendo al centro un dibattito sulle norme di comportamento negli istituti penitenziari, in particolare per i detenuti sottoposti al carcere duro.
Il contesto del saluto e la segnalazione al direttore del penitenziario
Il colloquio tra Rossi Albertini e Cospito si è svolto nel reparto 41 bis del carcere di Sassari, una sezione riservata a detenuti considerati particolarmente pericolosi o connessi a reati gravi. La stretta di mano accompagnata da due baci è stata interpretata dal direttore della struttura come un comportamento potenzialmente inappropriato, viste le regole rigide che governano i rapporti all’interno di quel reparto.
Nella comunicazione inviata il 5 giugno all’ordine degli avvocati, il direttore ha evidenziato la “caratura criminale” dei detenuti sottoposti al regime del 41 bis e ha sottolineato come quel tipo di saluto potesse assumere un significato particolare, per questo ha chiesto di valutare se la condotta di Rossi Albertini rispettasse le norme deontologiche vigenti e se fosse necessario fornire ulteriori istruzioni al personale di polizia penitenziaria.
La segnalazione punta a mantenere alta la vigilanza e il rigore nei confronti di chi, come l’anarchico Cospito, è sottoposto a misure restrittive severe per motivi di sicurezza.
La difesa dell’avvocato flavio rossi albertini e il senso del gesto
Rossi Albertini ha risposto alla segnalazione con una dichiarazione pubblica in cui spiega il valore umano e simbolico del suo saluto. Ha definito il gesto un’espressione di empatia e affetto nei confronti di Cospito, rifiutando di partecipare a quella che definisce una deumanizzazione del detenuto. L’avvocato ha sottolineato che il saluto rappresenta un modo per opporsi alle politiche di “annientamento” che colpiscono i reclusi al 41 bis.
Il difensore ha affermato che continuerà a esprimere affetto verso il suo assistito in ogni occasione, sostenendo che il diritto alla dignità umana rimane fondamentale anche in carcere. Questo approccio mette in luce non solo una postura legale, ma anche una dimensione etica legata al ruolo del legale che affianca persone sottoposte a misure restrittive.
Il regime del 41 bis e le restrizioni nei colloqui con detenuti ad alta sicurezza
Il 41 bis rappresenta il regime penitenziario più severo in Italia, riservato a detenuti considerati una minaccia grave per l’ordine pubblico o legati a organizzazioni criminali. Le visite ai detenuti in 41 bis avvengono sotto stretta sorveglianza, con limitazioni che impediscono contatti sociali estesi o elementi che possano essere interpretati come forme di solidarietà tra il detenuto e l’esterno.
Le norme possono prevedere divieti espliciti su gesti di affetto o segni che possano essere percepiti come messaggi o comunicazioni particolari. I colloqui sono spesso controllati e registrati per evitare qualsiasi tipo di scambio non autorizzato. Per questo motivo, interpretare un gesto come un saluto con baci può sollevare questioni sull’opportunità e sulla correttezza, al di là della natura personale tra avvocato e cliente.
Le implicazioni della segnalazione per la professione legale e l’ordine degli avvocati
La segnalazione di Rossi Albertini all’ordine degli avvocati apre un confronto sul confine tra comportamento professionale e diritti umani. Gli avvocati hanno il compito di tutelare gli interessi dei loro assistiti, anche nei contesti più difficili come il carcere duro, mantenendo però il rispetto delle norme.
L’ordine degli avvocati dovrà valutare se il saluto con baci rappresenta una violazione deontologica o se rientra nella libertà di espressione e nella relazione umana tra avvocato e cliente. Nel corso di questa verifica verranno esaminati anche i regolamenti interni degli istituti penitenziari e le indicazioni rivolte al personale di sorveglianza.
Questa vicenda evidenzia la tensione tra esigenze di sicurezza e rispetto della dignità delle persone recluse, un tema che resta aperto nel dibattito giuridico italiano.