Simone Moro, alpinista di fama internazionale e detentore di numerosi record, ha recentemente condiviso le sue riflessioni sul fenomeno del turismo di massa legato all’alpinismo. A 57 anni, Moro ha fatto la storia con le sue prime salite invernali sugli Ottomila e ha pubblicato un libro intitolato “Gli Ottomila al chiodo” (Rizzoli), dove esplora le sue esperienze e l’evoluzione di questo sport. In un’intervista con Hoara Borselli per il Giornale, Moro analizza come l’alpinismo sia passato dall’essere una disciplina avventurosa a un’attività commerciale, simile a safari o crociere.
Moro sostiene che l’alpinismo non possa essere considerato uno sport tradizionale, poiché mancano federazioni, regolamenti e premi che ne certifichino il valore. Sebbene le gare di arrampicata possano sembrare alpinismo, la vera essenza di questa pratica è ben diversa, priva delle dinamiche economiche che caratterizzano altri sport ad alto rischio.
Cosa è cambiato nell’alpinismo
Negli ultimi decenni, il panorama dell’alpinismo è cambiato drasticamente, specialmente in Nepal, dove ora è necessario ottenere permessi e certificazioni per scalare le vette. L’uso di bombole di ossigeno è diventato obbligatorio, un cambiamento che Moro critica duramente. Secondo lui, se l’ossigeno fosse stato richiesto durante le storiche ascensioni degli anni ’70, molte delle imprese eroiche di alpinisti come Reinhold Messner non sarebbero mai avvenute. Oggi, l’alpinista tipico è un cliente che si rivolge a un’agenzia di spedizioni, ricevendo assistenza dettagliata che lo guida attraverso ogni passaggio della sua esperienza in alta quota.
L’alpinismo tradizionale, pur non essendo ufficialmente vietato, ha visto una drastica riduzione della sua pratica. Moro osserva che su 14 cime, 9 sono soggette a severe limitazioni, mentre in Pakistan, dove esistono ancora margini di libertà , il turismo alpinistico sta comunque guadagnando terreno.
Il turismo ad alta quota e le sue dinamiche
Il fenomeno del turismo di massa ad alta quota ha preso piede negli ultimi 15-20 anni, con clienti disposti a spendere tra i 100.000 e i 150.000 euro per raggiungere le cime più ambite. Questi turisti, spesso privi di una solida formazione alpinistica, partecipano a corsi brevi al campo base prima di intraprendere la scalata. A questi escursionisti vengono forniti sherpa che si occupano di portare materiali, bombole di ossigeno, cibo e attrezzature.
Moro avverte che, sebbene questi turisti non compiano azioni malvagie, le montagne ora sono sempre più monopolizzate dalle compagnie che gestiscono queste spedizioni. Questa evoluzione ha alterato il modo in cui le persone percepiscono l’alpinismo, trasformando le cime da simboli di sfida e libertà in prodotti commerciali accessibili a chiunque possa permettersi il costo di una spedizione.
La libertà nell’alpinismo e le sfide contemporanee
Moro sottolinea che, quando le salite vengono vietate o limitate, esistono sempre modi per aggirare le restrizioni. Ciò ha portato a una situazione in cui le guide possono rimanere al campo base, mentre i clienti, privi di esperienza, affrontano le montagne. Questa evoluzione ha creato una divisione netta tra gli alpinisti tradizionali, che abbracciano la libertà di esplorare e scalare in modo autonomo, e quelli che Messner ha definito “alpinisti della pista”, i quali seguono le tracce e le indicazioni delle guide.
Moro si preoccupa che questa tendenza possa minare lo spirito dell’alpinismo, riducendo l’esperienza a una mera questione di logistica e profitto. Le vette, un tempo simbolo di avventura e scoperta, rischiano di diventare semplici tappe turistiche, accessibili a chiunque abbia il budget necessario, ma prive della vera essenza dell’alpinismo.
In questo contesto, la riflessione di Moro sul futuro dell’alpinismo invita a considerare le implicazioni etiche e culturali del turismo in alta quota. Le montagne, un tempo luoghi di sfida personale e conquista, si stanno trasformando in destinazioni turistiche commerciali, e l’alpinismo, nella sua forma più pura, sembra trovarsi sempre più in secondo piano rispetto a logiche di mercato e consumo.