La regista, attrice e produttrice britannica Trudie Styler ha recentemente condiviso con l’ANSA la sua entusiasta scoperta di Napoli, descrivendola come una vera e propria rivelazione. In occasione della proiezione del suo documentario “Posso entrare? An Ode to Naples” all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, Styler ha rivelato che il suo legame con la città va ben oltre il semplice lavoro: “Non ho solo realizzato un film, ma me ne sono innamorata”, ha confessato.
il documentario e la sua realizzazione
Il documentario, che esplora la complessità e la vitalità di Napoli, è stato realizzato in collaborazione con il direttore della fotografia Dante Spinotti, un professionista con una carriera costellata di successi, tra cui due nomination agli Oscar. Styler e Spinotti si conoscono dal 1987, e la regista ha descritto la sua presenza dietro la camera come un vero e proprio “regalo”.
Nonostante abbia trascorso del tempo in Italia, lavorando a Roma e avendo un legame profondo con la Toscana, Styler ha ammesso di non aver mai avuto l’opportunità di esplorare Napoli. “Ho partorito uno dei miei quattro figli a Pisa e ho spesso visitato la costiera amalfitana, ma perché non mi ero mai fermata a Napoli?” ha riflettuto. Questa domanda ha spinto Styler ad accettare l’invito di Rai Cinema e Mad Entertainment a realizzare il documentario, una decisione che si è rivelata profonda e trasformativa.
un viaggio attraverso le storie di napoli
Il titolo del film, “Posso entrare?“, è emblematico dell’approccio della regista. Ogni volta che si trovava a bussare a porte e finestre nei caratteristici vicoli di Napoli, riceveva risposte calorose: “Sì, entra, vieni”. Queste parole hanno rappresentato un’apertura, un modo per instaurare una fiducia reciproca e per esplorare i sogni e le sfide della comunità. “La frase è diventata il cuore del film”, ha spiegato Styler.
Il documentario presenta un mosaico di voci e storie, tra cui:
- La casalinga che ha perso la figlia.
- Norma, un’ex campionessa di nuoto che ricorda la visita di Hitler e gli orrori della guerra.
- Figure emblematiche della lotta contro la camorra, come Padre Antonio Loffredo e Roberto Saviano.
- Attiviste come Alessandra Clemente, la consigliera comunale la cui madre è stata tragicamente uccisa da una pallottola vagante.
- Le attiviste del gruppo Forti Guerriere, impegnate nella lotta contro la violenza domestica.
Il documentario, prodotto da Big Sur, Mad Entertainment, Rai Cinema e Luce Cinecittà, è stato presentato per la prima volta alla Festa del Cinema di Roma due anni fa e sarà proiettato nel 2024 al Museum of Modern Art (MoMA) di New York.
un messaggio di solidarietà e scoperta
Un momento toccante del documentario è il cameo di Sting, marito di Styler e leggendario musicista, che suona una chitarra costruita con legno recuperato dai barconi dei migranti. La scena si svolge sotto le finestre sbarrate del carcere di Secondigliano, un gesto potente e simbolico di solidarietà. “Non è stato difficile convincerlo a partecipare”, ha rivelato Styler, che con Sting ha condiviso numerose campagne umanitarie nel corso degli anni.
Durante le riprese, Styler ha scoperto un aspetto inaspettato della sua esperienza napoletana: la sua crescente dipendenza dal caffè. “Non ho mai bevuto tanto caffè nella mia vita. Ogni ora un espresso. Ho sviluppato una specie di dipendenza”, ha scherzato, testimoniando la cultura del caffè che pervade Napoli e che ha colpito anche una regista di fama internazionale.
Il film non è solo un omaggio a Napoli, ma anche una riflessione sulle sue contraddizioni e sulla resilienza dei suoi abitanti. Con una narrazione che alterna storie personali e momenti di forte impatto sociale, Styler riesce a catturare l’essenza di una città che, nonostante le sue difficoltà, continua a sorprendere e a ispirare. Attraverso il suo sguardo, il documentario apre una finestra su un mondo ricco di emozioni, speranze e sogni, invitando gli spettatori a entrare e scoprire Napoli in tutta la sua complessità.