I depositi bancari degli italiani superano i 2.030 miliardi nel 2025. Ma oltre il 70% dei conti ha meno di…
Nel 2025, i soldi fermi in banca continuano ad aumentare. Secondo i dati diffusi dalla Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, la ricchezza finanziaria degli italiani ha raggiunto cifre rilevanti: oltre 6.030 miliardi di euro tra conti correnti, titoli, polizze e fondi, con una crescita del 4,3% rispetto al 2023. Un dato che conferma una tendenza storica: l’Italia resta un Paese di risparmiatori, anche in un contesto economico segnato da inflazione e incertezze sui mercati.
Ma se si guarda ai soli conti correnti, emerge un quadro meno uniforme. Alla fine del 2024, le famiglie italiane detenevano 1.141 miliardi di euro in depositi bancari, aumentati di circa 12 miliardi in dodici mesi (+1,1%). Allargando l’analisi anche alle imprese, si arriva a 2.030 miliardi di euro a maggio 2025, con una crescita del 3,5% annuo.
Dove si trovano questi soldi: liquidità in aumento, ma concentrata
I conti correnti rappresentano oggi circa il 19% della ricchezza finanziaria italiana, e restano lo strumento più liquido, quello immediatamente disponibile. Tuttavia, solo una parte ridotta della popolazione detiene una quota significativa di questi depositi.
Saldo del conto | Percentuale di conti |
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Fino a 12.500 euro | Oltre il 70-77% |
Oltre 500.000 euro | 0,2% |
Media sopra i 500.000 € | Circa 900.000 euro |
Questo significa che la maggioranza dei conti contiene cifre modeste, mentre una ristretta minoranza detiene capitali molto elevati. La distribuzione dei risparmi è quindi fortemente sbilanciata, con una polarizzazione crescente che rispecchia le disuguaglianze economiche del Paese.

Il dato più sorprendente è che meno dell’1% dei correntisti possiede da solo quasi un quarto della liquidità bancaria totale. La media dei conti sopra il mezzo milione di euro si attesta attorno ai 900.000 euro, una cifra che evidenzia la presenza di grandi patrimoni concentrati in poche mani.
Perché crescono i depositi: inflazione, incertezza e pochi investimenti
L’attitudine al risparmio in Italia ha radici profonde: già negli anni ’60, durante il boom economico, gli italiani erano noti per accantonare sistematicamente parte del reddito.
Negli ultimi anni, la propensione al risparmio ha subito flessioni legate all’aumento dei prezzi, ma i depositi restano elevati per almeno tre motivi principali:
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Timore dell’inflazione e dell’incertezza economica, che spinge a mantenere liquidità facilmente accessibile;
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Calo dei tassi d’interesse: mutui e finanziamenti costano meno, ma non spingono più a investire;
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Minore fiducia nei mercati finanziari e maggiore cautela dopo periodi di volatilità.
Nonostante la perdita di potere d’acquisto, molti cittadini preferiscono mantenere i soldi “fermi” sul conto, piuttosto che affrontare il rischio di investimenti più complessi o vincolati.
Intanto, la quota di risparmio che fluisce verso strumenti più remunerativi come azioni, fondi o titoli resta limitata, anche se in lieve crescita rispetto al biennio precedente.
La fotografia scattata dalla Fabi mostra dunque un’Italia che continua a risparmiare, ma dove la liquidità si concentra in pochi conti, mentre la grande maggioranza dei cittadini fatica a superare soglie modeste.