Un tragico e inquietante mistero si sta dipanando all’interno del verde di Villa Pamphili, uno dei parchi più grandi e suggestivi di Roma. Qui, due corpi senza vita sono stati rinvenuti, quelli di una donna e della sua giovane figlia, gettando un’ombra di angoscia e interrogativi sull’identità di queste due anime, rimaste invisibili fino all’ultimo momento della loro vita.
La ricerca dell’identità della donna
La donna, alta 164 centimetri e dal peso di 58 chili, aveva circa trent’anni. Il suo corpo, privo di documenti, è stato identificato solo grazie a una serie di tatuaggi che adornavano la sua pelle. Non era mai stata censita nelle banche dati della polizia e non aveva mai richiesto un permesso di soggiorno, rendendola un fantasma nella società contemporanea. Gli investigatori, consapevoli della difficoltà di identificare una persona così invisibile, hanno deciso di diffondere le immagini dei suoi tatuaggi, sperando che qualcuno potesse riconoscerla. I tratti somatici della donna, insieme alla pelle chiara e ai capelli biondi, fanno pensare a una provenienza dall’Est Europa, un’area da cui molte donne migranti arrivano in cerca di opportunità, ma spesso si trovano intrappolate in situazioni disperate.
Le circostanze della morte
La figlia, una bambina di cui si ipotizza la morte avvenuta sei giorni dopo quella della madre, è stata trovata in una condizione che suggerisce un tragico destino. Gli esami autoptici hanno rivelato segni di soffocamento e strangolamento sulla madre. Al contempo, segni di violenza, come lividi sul petto e sul braccio, insieme a un trauma alla nuca, suggeriscono che la donna abbia subito un’aggressione. La piccola, che potrebbe essere stata sempre con il compagno della madre, è stata trovata senza vita, gettata via come se fosse un oggetto. Questo gesto lascia senza parole e invita a riflettere sulla violenza domestica e sulle sue terribili conseguenze.
Nuove piste investigative
Il mistero si infittisce ulteriormente con l’emergere di nuovi elementi investigativi. Sulle coperte che avvolgevano il corpo della donna è stato isolato il DNA di una terza persona, portando gli inquirenti a seguire piste che si intrecciano con il mondo degli emarginati e dei tossicodipendenti. In questo contesto, un senzatetto ha dichiarato di aver visto una donna e una bambina insieme a un uomo con un pizzetto, aprendo la porta a possibili collegamenti con la comunità locale e con gli ambienti in cui la donna potrebbe essersi mossa prima della sua morte.
Alcuni esperti legali hanno ipotizzato che la donna potesse essere morta per cause naturali, come un’intossicazione, ma questa teoria sembra perdere forza man mano che emergono nuove evidenze. La possibilità di un omicidio, con l’ipotesi che l’uomo possa aver approfittato della vulnerabilità della donna, si fa sempre più concreta. È un dramma che si svolge in un contesto di fragilità sociale, dove spesso le persone più vulnerabili, come migranti e tossicodipendenti, diventano vittime di violenza o di sfruttamento.
I tatuaggi come chiave di identificazione
I tatuaggi rappresentano un elemento cruciale nell’indagine. Tra i disegni che decorano il suo corpo, si trovano:
- Un simbolo che ricorda la bandiera della Lituania
- Una tavola da surf colorata
- Due pappagalli
- Una peonia giapponese non ancora completata
Questi segni distintivi potrebbero offrire spunti per l’identificazione della donna e per la ricostruzione della sua storia. La polizia, insieme alla Caritas e ad altre organizzazioni di supporto, sta cercando di verificare se qualcuno possa riconoscerla attraverso questi tatuaggi, che raccontano una vita, un passato e forse la ricerca di un futuro migliore.
La situazione si complica ulteriormente con il rintracciamento di un cittadino ucraino che potrebbe avere un legame con la donna e la bambina. Quando la polizia lo ha trovato a casa, stava cenando con la sua famiglia, il che ha reso difficile stabilire la connessione. Tuttavia, questa pista non è stata abbandonata, e gli investigatori continuano a scavare, sperando di scoprire la verità dietro questa tragica vicenda.
Il volto della donna, come riportato da Il Messaggero, appare sfigurato, non solo per le condizioni in cui è stata trovata, ma anche per il tempo trascorso nel parco, in un silenzio che ha celato la sua sofferenza. La comunità è chiamata a rispondere a un appello: riconoscere i tatuaggi, segnalare eventuali informazioni, e contribuire a portare alla luce una storia che, per troppo tempo, è stata lasciata nell’ombra. È un invito a non dimenticare, a non voltare le spalle a chi vive ai margini, ma a cercare giustizia e verità per una madre e per una figlia che meritano di essere ricordate.