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Il signor Michele è vivo, ma l’Inps lo considera morto: la sua battaglia per la pensione

Luca Carlini Giugno 9, 2025
Il signor Michele è vivo, ma l'Inps lo considera morto: la sua battaglia per la pensione

Il signor Michele è vivo, ma l'Inps lo considera morto: la sua battaglia per la pensione

Un caso surreale e inquietante emerge da Posta Fibreno, un comune della provincia di Frosinone, dove il signor Michele, un settantottenne che vive serenamente la sua vita, si trova a fronteggiare una situazione paradossale: per l’INPS, è morto. Questo errore burocratico ha avuto conseguenze devastanti per Michele, che ha visto la sua pensione bruscamente interrotta, lasciandolo in una condizione di precarietà economica e psicologica.

La vicenda ha avuto inizio nel marzo del 2023, quando il signor Michele ha notato che il suo versamento pensionistico, fino ad allora puntuale, era cessato senza preavviso. Un primo contatto con gli uffici dell’INPS ha rivelato una notizia sconvolgente: “Guardi che lei è morto”. Un’affermazione così scioccante da compromettere la salute mentale di chiunque, figuriamoci per un anziano che si ritrova a dover affrontare non solo la perdita di una fonte di reddito ma anche la negazione della propria esistenza.

Un errore burocratico devastante

L’errore, come è stato accertato, risale a un decesso reale avvenuto nella sua famiglia: un parente di novant’anni è deceduto il 24 febbraio all’ospedale “Santissima Trinità” di Sora. Durante la triste fase della compilazione dei documenti necessari per le onoranze funebri, si è verificato un errore di trascrizione. Invece di un solo atto di morte, ne sono stati redatti due, e uno di questi riportava il nome di Michele al posto di quello del vero defunto. Un caso di omonimia che ha portato a una catena di eventi tragicomici, dove la burocrazia ha preso il sopravvento su una vita reale.

Michele si è trovato così a dover lottare contro un sistema che, invece di riconoscere la sua esistenza, lo ha ridotto a un fantasma burocratico. “Io sono vivo, eppure le carte dicono il contrario”, ha dichiarato, incredulo e frustrato. La sua quotidianità è stata stravolta: le spese mensili, le necessità quotidiane e l’assenza di un sostegno economico hanno creato un clima di ansia e incertezza. “Mi servono quei soldi, non ho altre fonti di sostentamento”, ha aggiunto Michele, con un tono di esasperazione palpabile.

La lotta per la verità

L’avvocato Antonio Lecce, che ha assunto il caso di Michele, ha tentato di risolvere la questione con una diffida formale all’ASL di Frosinone. Tuttavia, il sistema burocratico si era già messo in moto, e la comunicazione inviata dall’ASL per chiarire la situazione non ha avuto alcun effetto. Michele si è presentato di persona agli sportelli dell’INPS, ma la risposta è stata sempre la stessa: “Per noi lei è morto. Se vuole dimostrare il contrario, porti un documento che attesti che lei è vivo”. Questo paradosso burocratico costringe un uomo a dover provare la propria esistenza, come se la realtà potesse essere messa in discussione da un errore di trascrizione.

Un caso emblematico di burocrazia

La situazione di Michele non è un caso isolato, ma rappresenta una delle tante problematiche che affliggono il sistema burocratico italiano. Con una burocrazia che spesso appare più interessata a mantenere le proprie procedure che a risolvere i problemi dei cittadini, ci si scontra con una realtà in cui le persone sono costrette a combattere per ottenere ciò che spetta loro di diritto. Le esperienze di Michele sollevano interrogativi sulla necessità di una riforma del sistema burocratico, affinché situazioni simili non possano ripetersi e affinché i cittadini non debbano più affrontare simili umiliazioni.

Michele, con la determinazione di chi ha vissuto una vita intera e non intende arrendersi, ha già fatto sapere che, se l’ASL non rettificherà l’errore, si preparerà a portare il caso in giudizio. È un’azione che lo costringerà a presentarsi davanti a un tribunale per affermare la propria esistenza. Un’eventualità assurda, ma che rappresenta la cruda realtà di un sistema che, a volte, sembra dimenticare la sua missione principale: servire i cittadini e garantire loro diritti e dignità.

In un contesto sociale e giuridico che dovrebbe tutelare gli individui, la storia di Michele è un monito, un richiamo all’urgenza di umanizzare la burocrazia e riconoscere che dietro ogni numero e ogni documento ci sono persone reali, con vite, storie e diritti da difendere.

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